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Tav, furbata di Toninelli. E Airola minaccia il M5s

La Lega vuol correre, il ministro frena: via libera agli appalti (tanto li può revocare tra sei mesi)

Tav, furbata di Toninelli. E Airola minaccia il M5s

Il governo continua prendere tempo sulla Tav. Incredibilmente a più di due settimane dalla pubblicazione dell'analisi costi benefici che doveva dire la parola definitiva sull'avvio o meno della Torino Lione il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, interpellato ha il coraggio di rispondere che è «stanco di sentir parlare di Tav» e che per la decisione si deve ancora aspettare la settimana prossima.

E il premier Giuseppe Conte lo appoggia spiegando che sta «studiando il dossier». Una melina che va avanti da mesi. Ma perché prendere ancora tempo? La risposta del ministro sarebbe sconcertante se il ministro in questione non fosse appunto Toninelli. «L'analisi mi pare sia arrivata pochi giorni fa - tergiversa Toninelli - sono 100 pagine ben scritte che necessitano anche alla Lega qualche giorno di lettura con dei tecnici che la devono spiegare».

Ma mentre si perde tempo le scadenze incalzano. E per la Lega non c'è niente da spiegare come ha ribadito ieri il sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri: «La Torino-Lione va fatta». La domanda da porsi è un altra: per quanto tempo ancora il governo pensa di poter prender in giro non soltanto gli italiani ma anche i francesi? Tra una decina di giorni è previsto l'avvio delle gare d'appalto da parte della Telt, la società italo-francese che deve costruire la Torino-Lione. Le posizioni sono chiarissime.

I No Tav già nelle settimane scorse hanno lanciato i loro strali contro Toninelli: quei bandi non devono partire perché il M5s ha detto che la Tav sarebbe stata bloccata. E i grillini certo non possono permettersi di perdere quei voti in vista delle Europee. Proprio ieri il senatore pentastellato Alberto Airola ha minacciato di uscire da Movimento portandosi via il simbolo se M5s dovesse cedere sulla Tav.

Ma dall'altra parte c'è Matteo Salvini, sempre più forte, che ha stretto un patto di sopravvivenza con Luigi Di Maio, sempre più debole, che non può certo dirgli di no. E Salvini vuole che quei bandi partano prima delle Europee così da dare almeno un contentino ai suoi elettori del Nord che vogliono veder partire i cantieri. L'obiettivo è chiudere con M5s un accordo per un «mini-Tav» dopo le elezioni.

A questo punto Toninelli è utilissimo a confondere le carte: a strizzare l'occhio agli elettori dei Cinquestelle da un lato e a prendere tempo senza ergere muri dall'altro. Partano pure i bandi, dice in sostanza il ministro, tanto poi in caso si blocca tutto dopo. «Nel diritto francese c'è la clausola di senza seguito, i bandi se dovessero partire rappresentano in realtà una ricognizione di 6 mesi, non partono i bandi ma parte una ricognizione - minimizza Toninelli - E se riusciamo a chiudere prima della settimana prossima, non avremo neanche il problema dell'apertura dei bandi».

E per distogliere l'attenzione dalla Torino-Lione il ministro la definisce «uno dei tanti cantieri». L'unico fermo assicura mentre questo governo ne sta aprendo altri. Circa 600, dice e fra gli altri «la 106 Jonica, ferma da anni, il quadrilatero Umbria-Marche» e altre opere in Sicilia.

«Di questi 600 cantieri la stragrande maggioranza sono regionali e stiamo concludendo gli stati di avanzamento», insiste il ministro.

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