Cronaca giudiziaria

Telefoni e droga in carcere: presa direttrice

Angela Paravati guidava il penitenziario calabrese. All'interno cocaina, hashish e cellulari

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Droga e cellulari che giravano indisturbati nel carcere di Catanzaro grazie alla compiacenza di agenti e funzionari penitenziari, disposti a chiudere un occhio in cambio di tranquillità.

C'è anche l'ex direttrice dell'istituto penitenziario Angela Paravati tra le 26 persone arrestate nell'ambito dell'inchiesta coordinata dalla Dda di Catanzaro che ha portato all'esecuzione di 38 misure cautelari (16 in carcere, 10 ai domiciliari, 5 misure di obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e 7 di sospensione dall'esercizio delle funzioni per un anno), accendendo i riflettori su quello che accadeva all'interno della struttura detentiva dove l'ex direttrice (in carica dal 2010 al 5 settembre 2022) con le sue condotte illecite avrebbe acquisito la benevolenza dei detenuti per evitare difficoltà di gestione del carcere oppure incidenti che potessero pregiudicare la sua carriera. Non solo. I magistrati contestano anche alla Paravati - accusata di concorso esterno in associazione per delinquere, falso, falsità ideologica e corruzione - di avere favorito, nel marzo del 2022, insieme ad altri due indagati, l'evasione di un detenuto. In carcere sono finiti anche l'ex comandante del reparto di polizia penitenziaria del carcere e due assistenti capo del corpo, mentre altri cinque agenti sono stati interdetti dalla funzione.

L'inchiesta ha consentito di individuare due gruppi criminali, attivi all'interno dell'istituto penitenziario, dediti allo spaccio di droga, in particolare cocaina, hashish e marijuana, e all'introduzione e alla vendita di telefonini e sim card. Traffici coperti dall'ex direttrice per quieto vivere. Sono emersi inoltre gravi indizi su agente della penitenziaria, accusato di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, che avrebbe ricevuto compensi da familiari di detenuti, riconosciuti vicini a famiglie e clan della criminalità organizzata siciliana e campana, per introdurre pacchi contenenti beni vietati, in cambio promesse di utilità economiche. Accuse sono state mosse ad altri agenti riguardo ai controlli sui pacchi in ingresso nel carcere e all'appropriazione di derrate alimentari. Gli inquirenti hanno inoltre ricostruito consistenti movimenti di denaro sulle carte prepagate. Su una di queste sarebbero stati registrati movimenti per 12mila euro, a dimostrazione di quanto la vendita della droga e lo smercio dei cellulari fossero enormi fonti di reddito per i due gruppi criminali.

Un imprenditore cosentino che gestisce un esercizio di telefonia è ritenuto dagli inquirenti «organico all'associazione»: avrebbe aiutato l'organizzazione ad attivare le schede telefoniche da consegnare ai detenuti.

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