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Terroristi, condannati e fuggiti. I 50 Battisti da riportare in Italia

È lunga la lista degli estremisti rossi rifugiati all'estero Ecco chi ha lasciato il Paese. E che non cerchiamo più

Terroristi, condannati e fuggiti. I 50 Battisti da riportare in Italia

Una cinquantina di nomi. Le ombre del passato che non passa, almeno per l'aritmetica giudiziaria. In massima parte personaggi legati alla storia del brigatismo rosso e scappati a Parigi, dietro lo scudo quasi impenetrabile della dottrina Mitterand e poi delle infinite protezioni e mistificazioni che hanno trasformato la Francia in un comodo rifugio. In testa all'elenco dei latitanti c'è però un personaggio che sta agli albori del terrorismo, a quella sorta di peccato originale che è il delitto del commissario Luigi Calabresi, assassinato a Milano, in via Cherubini, la mattina del 17 maggio 1972. Per quel crimine è ricercato, ma onestamente più sulla carta che nella sostanza, Giorgio Pietrostefani, all'epoca dirigente di Lotta continua, condannato come mandante dell'omicidio insieme ad Adriano Sofri a 22 anni. Il codice dice che la prescrizione della pena matura dopo un periodo doppio rispetto alla condanna ricevuta. Insomma, bisogna conteggiare 44 anni, ma non dal 1972 bensì dalla condanna definitiva, arrivata molti anni dopo. Insomma, ci sarebbe il tempo per cercarlo e riportarlo a casa, ma l'argomento, forse per stanchezza, è uscito da tutti i radar.

A Parigi, del resto, cambiano i presidenti, si alternano destra e sinistra, ma alla fine cambia poco o nulla. Dieci anni fa, nel 2007, fu finalmente fermata Marina Petrella, brigatista, condannata all'ergastolo per la morte di un poliziotto, ma si trattò di un fuoco di paglia. Lei stava male, aveva sviluppato una sindrome suicida, e i giudici francesi pensarono bene di rimetterla in libertà. Poi ci pensò Nicolas Sarkozy, su istigazione. Della premiere dame Carla Bruni, a chiudere le porte dell'estradizione in faccia all'Italia. Discorso chiuso.

La colonna francese delle Brigate rosse è ancora abbastanza consistente, ma i nomi di peso sono ormai pochi. Fra questi Maria Cappello, condannata al carcere a vita - e dunque teoricamente estradabile anche fra cento anni - insieme al marito Fabio Ravalli, per l'ultimo colpo di coda delle vecchie Br, l'assassinio nel 1988 del senatore Roberto Ruffilli. La Cappello è considerata una delle ultime irriducibili di quel mondo ed è uno dei volti più noti dell'ultima generazione, la terza, di un'interminabile storia di sangue. Nessun pentimento in vista, stessa corazza impermeabile a qualunque autocritica, come nel caso di Carla Vendetti e Simonetta Giorgieri, chiamate in causa per il nuovo corso a cinque stelle e gli omicidi Biagi e D'Antona. E sempre a Parigi vive Enrico Villimburgo, pure spedito all'ergastolo al termine del processo Moro ter. E ancora Sergio Tornaghi, un pezzo della storia milanese delle Br, pure colpito da una condanna a vita, e Luigi Rosati, primo marito della postina brigatista Adriana Faranda, che però dovrebbe ormai essere libero di poter rientrare nel nostro Paese.

Ci sono molti nomi di seconda fila nell'elenco ormai logoro dei vecchi arnesi della Rivoluzione che sono emigrati in Francia e da li non si sono più spostati. Alcuni sono ancora tecnicamente latitanti, altri, pallottoliere alla mano, sono ormai fuori dalle pretese della giustizia italiana. Ma due delle figure più importanti dell'album brigatista hanno trovato approdo altrove: Alvaro Lojacono e Alessio Casimirri erano nel commando che entrò in azione in via Fani, portando via Aldo Moro e sterminando la sua scorta. L'episodio forse più grave nella storia della Prima repubblica. Tutti e due sono sfuggiti alla legge e al carcere: Alvaro Lojacono è diventato cittadino svizzero e dunque è irraggiungibile; stesso discorso per Casimirri che ha ottenuto la cittadinanza nicaraguense, si è sposato e abita a Managua dove ha aperto un ristorante. Le loro fughe, con i crismi della legge, rappresentano una ferita aperta per un Paese che ha sofferto a lungo sul fronte dell'eversione.

Dall'altra parte i neri che hanno evitato la cella si contano sulle dita di una mano. E si tratta di figure di contorno. Per molti anni il ricercato numero uno è stato Delfo Zorzi, giunto a suo tempo in Giappone dove si era rifatto una vita. Zorzi era ritenuto uno dei militanti di Ordine Nuovo che avevano organizzato la strage di Piazza Fontana a Milano e quella di Piazza della Loggia a Brescia. Ma alla fine, l'ex ordinovista è stato assolto su tutta la linea.

E ha ripreso la sua nuova, vecchia vita a Tokyo.

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