Politica

Tivoli, lo scambio di barelle in ospedale Muoiono due pazienti: aperta un'inchiesta

Il malato destinato alla Rianimazione finisce in Chirurgia e viceversa

Tiziana Paolocci

Roma Scambio fatale di barelle all'ospedale di Tivoli. Due pazienti sono morti una decina di giorni fa e sul caso indaga la Procura e la Asl locale, che hanno aperto due differenti inchieste.

Donato B., 71 anni, di Monterotondo viene ricoverato al San Giovanni Evangelista il 19 gennaio scorso, dopo essere stato trasferito dalla casa di cura Medicus Hotel. Le condizioni di salute sono critiche e ha la polmonite, come racconta il settimanale Tiburno. Nelle stesse ore nel nosocomio entra Gianni M., 62 anni, di Montecelio, anche lui con quadro clinico difficile, minato da problemi di malnutrizione e alcolismo. I medici visitano entrambi e dispongono che Donato venga accompagnato nel reparto di Rianimazione mentre l'altro paziente in Chirurgia. Anestesisti e animatori si danno da fare, prestano le cure necessarie, senza tralasciare nulla. Hanno le cartelle cliniche di ognuno dei due, cercano di salvar loro la vita. Peccato, però, che rivolgono le attenzioni al paziente sbagliato.

Potrebbe essere uno dei tanti sketch di cabaret visti mille volte a teatro se non fosse per il fatto che i due malati ci hanno rimesso la vita. Se e in che modo lo scambio possa aver influito sulla loro fine, lo diranno i risultati dell'autopsia che è già stata eseguita. Ma sta di fatto che la moglie e il figlio di Donato quella tragica sera non la dimenticheranno: hanno atteso con il fiato sospeso per ore di aver notizie del congiunto fuori dalla porta della Rianimazione. Poi sono stati fatti entrare dai sanitari, che li hanno invitati a restare gli ultimi minuti accanto al parente, che versava in condizioni disperate.

È allora che madre e figlio si accorgono che nel letto non c'è Donato. Lo trovano poco dopo, in Chirurgia, freddo e morto da un po'. Al suo posto in Rianimazione, c'è finito Gianni, che avrebbe dovuto stare in Chirurgia. Anche lui è morto il giorno dopo. Come può essere accaduto? Semplice. Il Dea del San Giovanni Evangelista ha un bacino d'utenza vastissimo dal momento che assorbe i codici rossi dei quattro poli ospedalieri della Asl Roma 5, che copre settanta comuni.

Un via vai continuo, difficile da gestire, impossibile anzi se si considera che i malati non vengono nemmeno contraddistinti dai braccialetti di riconoscimento.

Gli agenti del commissariato di Tivoli, chiamati dai familiari di Donato, subito dopo la tragedia hanno sequestrato le cartelle cliniche di entrambi i malati e sentito gli operatori di turno quel giorno in Chirurgia, Rianimazione e in pronto soccorso. La direzione generale della Asl ha nominato una commissione d'inchiesta e la Procura ha già aperto un fascicolo. Ma i limiti della sanità laziale sono innegabili.

Solo ieri la guardia di finanza ha fatto sapere che 23 tra medici, infermieri e ausiliari in servizio presso un'unità operativa dell'ospedale «Belcolle», ufficialmente presenti sul posto di lavoro, erano in realtà altrove.

Le telecamere installate nei locali del nosocomio li hanno «inchiodati» e ora dovranno rispondere di assenteismo e truffa.

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