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Il tormento di Mara tra fedeltà e voglia di cambiare

La Carfagna invoca una svolta rapida e le primarie. I dubbi sull'allungamento dei tempi

Il tormento di Mara tra fedeltà e voglia di cambiare

Roma L'Altra Italia potrebbe essere la sua occasione. Se oggi, come sembrava annunciato, il tavolo delle regole prenderà atto che la proposta «rivoluzionaria» di Giovanni Toti non è condivisa e il governatore ligure si dimetterà da coordinatore, pur rimanendo in Forza Italia, il pallino sarà in mano a Mara Carfagna, l'altra prescelta da Silvio Berlusconi per traghettare gli azzurri nel nuovo mondo.

L'annuncio del leader certo scombussola il quadro e potrebbe rappresentare la novità invocata da Toti, inducendo tutti a trovare un accordo fino al congresso di dicembre. Ma che farà la vicepresidente della Camera, che da mesi invoca la svolta nel partito in un modo diverso dal governatore? Rimarrà nel suo ruolo di coordinatrice protempore per guidare, nel board composto dal vicepresidente Antonio Tajani e dalle capigruppo Mariastella Gelmini e Anna Maria Bernini, la fase costituente di Fi nella nuova federazione di centro? Oppure considererà conclusa questa fase, rimarcando che dal tavolo delle regole non è venuto alcun concreto segnale di cambiamento e mostrerà scetticismo verso l'estremo appello del leader per chiamare a raccolta i moderati che non si riconoscono nei sovranisti, nei populisti o nella sinistra?

La «mossa del cavallo» architettata da Silvio alla vigilia della riunione di oggi sembra mettere la pietra tombale sulle prospettive dei due coordinatori, restituendo il secondo posto a Tajani e questo potrebbe scatenare reazioni ribelli degli interessati. Finora, la Carfagna ha mostrato fedeltà al Cavaliere, opponendosi ai tentativi di «pensionarlo» di Toti attraverso le primarie aperte a tutti, come alla sua prospettiva di simbiosi con la Lega di Matteo Salvini. Ma sintomi di insofferenza per il protrarsi delle trattative, li ha dimostrati anche lei. E più volte ha insistito sulla necessità di un intervento rapido per fermare lo sfarinamento del partito, puntando soprattutto sui contenuti.

Ciò che Mara non vuole essere è il bel viso della conservazione. Si tratta di capire se dietro l'annuncio di Berlusconi lei vede un reale possibile rinnovamento o solo un modo per allungare i tempi fino al congresso di dicembre, cercando nel frattempo di aggregare partitini, movimenti e liste civiche come per le elezioni europee, cercando di recuperare quel consenso che il 26 maggio è mancato.

Il suo ruolo di campione del Sud, serbatoio di voti azzurri, e soprattutto quello di antagonista della Lega, assicura all'ex ministro un nutrito seguito e sostiene le sue ambizioni di leadership. «Come Salvini diceva io non vado con il cappello in mano ad Arcore - fa notare- io dico: non vado con il cappello in mano a via Bellerio. Se lui sembra innamorato del M5S, Fi non può fare l'amante tradita e chiedere di tornare indietro, ma deve rafforzarsi per rispondere alla sua eventuale volontà di rompere lo schema del centrodestra, cosa che io non auspico. Se Toti vuole andare a rimorchio della Lega, io voglio trattare da pari a pari». Mara vuole crescere personalmente, come vuol far crescere il partito, con una «linea politica chiara e identitaria», ma assicura di volerlo fare insieme a Berlusconi. Però, reclama il cambiamento del sistema monarchico, regole democratiche per eleggere i vertici. Le primarie le vuole anche lei.

Per questo c'è chi spera in un asse Carfagna-Toti.

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