Politica

Torna il caos: dalla Libia 800 partenze Archiviata l'indagine sul «blocco» di Salvini

Aumenta il rischio naufragi. Nulla di fatto sul caso della nave Alan Kurdi

Valentina Raffa

Vige il caos. È l'unica cosa certa visto che, senza interventi volti a ristabilire ordine da parte dell'Ue, dall'Africa si continua a partire per mare e a morire. Sono almeno 800 le persone partite contemporaneamente su natanti di fortuna. I bombardamenti in alcune zone e, forse, anche la certezza della presenza in mare delle navi Ong, che hanno ripreso l'attività a vele spiegate visti i porti spalancati dai giallo-rossi, hanno fatto comodo ai trafficanti di vite umane, che hanno incrementato i viaggi. Ne consegue una maggiore probabilità di naufragi, come quello segnalato 3 giorni fa da un peschereccio davanti alle coste libiche. Ieri sono stati rinvenuti 6 corpi e ora si attende che il mare restituisca una sessantina di dispersi. L'Oim Libia ha dato notizia di un gommone con 90 persone riportato indietro. In tutto sono 289 i migranti riportati in Libia in centri di detenzione. Secondo l'Oim erano «vulnerabili e spaventati». Anche la Guardia costiera di Djerba, in Tunisia, ha soccorso 43 migranti subsahariani a 10 miglia da Houmet Essouk e li ha riportati indietro.

Tra recuperi da parte delle Ong e sbarchi autonomi, come gli ultimi di 37 migranti a Cala Palme (Lampedusa) e di 45 a Santa Maria di Leuca (Lecce), è un susseguirsi di arrivi e richieste di sbarco. La Ocean Viking ha a bordo 215 migranti, la Open Arms 73 e 79 sono sulla Aita Mari. Tutti guardano all'Italia come porto sicuro di approdo. Lo hanno chiesto pure a Malta, nota per il suo diniego tranne in pochi casi.

L'Italia continua ad accogliere, col risultato di essere ugualmente bastonata dalla commissaria per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Dunja Mijatovic, che in una memoria depositata alla Corte europea di Strasburgo in un procedimento contro l'Italia a seguito del ricorso di 17 migranti riportati in Libia nel 2014 dalla guardia costiera libica, la taccia di essere responsabile con l'Ue per le morti che sarebbero state causate a seguito di manovre effettuate dalla Ras Jadir della guardia costiera libica e le sofferenze dei migranti riportati indietro.

La linea dura dell'ex ministro degli Interni Matteo Salvini, indagato per abuso d'ufficio e rifiuto di atti di ufficio per la vicenda Alan Kurdi della Sea Eye del 3 aprile 2019 che, dopo il no dell'Italia allo sbarco, approdò a Malta, invece ne esce indenne per l'ennesima volta. Il tribunale dei Ministri, infatti, accogliendo la richiesta della Procura di Roma, ha archiviato l'indagine.

Nel frattempo non sarebbe emerso nulla di rilevante dal vertice di Washington in cui il ministro degli Esteri Di Maio ha incontrato l'omologo libico Mohammed Siala e il ministro dell'Interno Fathi Bishaga. Anzi, è emerso che Tripoli guarda a Parigi.

E dal Palazzo di Vetro spiegano che gli sforzi diplomatici italiani ci sono ma «minati da una mancanza di strategia della politica che spesso si limita a trattare le questioni e gli interlocutori libici ad personam».

Commenti