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"Torturato e assassinato dall'esercito francese". Macron ammette il crimine sul leader algerino

Il presidente ristabilisce la verità sulla fine del nazionalista Ali Boumendjel

"Torturato e assassinato dall'esercito francese". Macron ammette il crimine sul leader algerino

«Nessun crimine, nessuna atrocità commessa da chicchessia durante la guerra d'Algeria può essere giustificata o nascosta». Parola di Emmanuel Macron. Un gesto forte, quello del presidente francese, per sanare le ferite ancora vive della guerra d'Algeria. L'Eliseo ha infatti ammesso, «a nome della République», che l'avvocato e leader nazionalista algerino Ali Boumendjel nel 1957 è stato «torturato e assassinato» dall'esercito francese. E che dunque non si era affatto suicidato come da sempre ha sostenuto Parigi. Un riconoscimento ufficiale, basato sul rapporto consegnato all'Eliseo dallo storico algerino Benjamin Stora, incaricato dallo stesso Macron di far luce sulla guerra conclusasi con l'indipendenza del '62.

Non si tratta di riscrivere la storia del colonialismo. Ma di superare un trauma aggiornando i libri di scuola. Primo presidente nato dopo quella guerra (1954-1962), Macron si è impegnato a compiere «azioni simboliche» con l'Algeria. Certo, ha escluso ogni forma di «pentimento» e di «scuse» per il colonialismo. Ma ricevendo all'Eliseo i nipoti del trucidato Boumendjel ha fatto un passo storico, ammettendo che quel leader «nel cuore della battaglia di Algeri fu arrestato dall'esercito francese, messo in isolamento, torturato e assassinato il 23 marzo '57». Nel 2000, lo stesso Paul Aussaresses (ex capo dei Servizi ad Algeri) confessò d'aver ordinato a uno dei subordinati di mascherare il crimine.

Siamo solo all'inizio di un percorso. Prematuro parlare di riconciliazione. C'è la volontà di «continuare», incoraggiando gli storici e aprendo gli occhi e gli archivi, per dare alle famiglie dei dispersi «su entrambe le sponde del Mediterraneo» la possibilità di «conoscere la verità», spiega l'Eliseo. I pregressi non si cancellano però con un'ospitata o con un parzialissimo mea culpa. Come far scomparire il risentimento della generazione dei nipoti delle vittime di quegli abusi, che cova anche tra i francesi d'origine algerina? A loro Macron promette che la sua «ammissione» non sarà «un fatto isolato».

Il documento su cui si basa l'operazione-riconciliazione è del 20 gennaio, accolto da dure critiche sia in Francia sia in Algeria perché non ha portato alle «scuse» di Parigi per quel passato. Macron nel 2018 ammise che pure Maurice Audin, matematico e membro del Partito comunista algerino (Pca), fu «torturato e giustiziato» dai francesi l'11 giugno '57, e oggi parla di un dramma reso possibile da «un sistema collaudato». Il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune cita i «buoni rapporti»; sottolinea però che gli algerini «non rinunceranno mai alle loro rivendicazioni storiche». Alla tv di Stato dice: «Quello che ha fatto il colonialismo non è facile da superare, la memoria resta e non la useremo mai per negoziare».

Il cosiddetto dossier «della comune memoria» (chiesto al prof da Macron lo scorso luglio, con «correttezza storica») per ora resta un libro su cui ognuno legge ciò che più ritiene opportuno.

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