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Tra donne, tecnici e saggi ora spunta l'ipotesi Bersani

Il totonomi per la successione a Re Giorgio. L'ex segretario Pd non è inviso al centrodestra e unirebbe i dissidenti del suo partito

Tra donne, tecnici e saggi ora spunta l'ipotesi Bersani

Roma - E se al trono salisse Pierluigi I? E se alla fine il grande compromesso si materializzasse nel nome di Bersani? Si, proprio lui, l'uomo della Ditta, l'ex segretario del Pd, lo smacchiatore di giaguari, il premier incaricato che ha fatto flop dopo aver inseguito per mesi Grillo: finito in minoranza, messo in soffitta da Renzi, ora è tornato in piena corsa per il Colle.

Sembra, all'apparenza, una soluzione indigesta sia per il premier, suo grande rivale, sia per il Cavaliere, cioè per entrambi i kingmaker. In realtà potrebbe diventare il punto di caduta della trattativa. Certo, Forza Italia non vorrebbe un capo dello Stato con un'identità di sinistra così marcata, e Paolo Romani ha detto che «il nuovo presidente non deve avere la tessera del Pd». Bersani però non ha cattivi rapporti con Berlusconi, anzi tra i due c'è una certa cordialità. E poi, per l'elettorato di centrodestra, sempre meglio lui di Romano Prodi.

È anche una questione di realismo: il Pd ha più di quattrocento grandi elettori, impossibile fare un accordo senza concedere qualcosa. Infatti negli ultimi due mesi, da quando la corsa è partita, tutti gli ex segretari democratici sono diventati automaticamente candidabili: da Massimo D'Alema a Walter Veltroni, da Piero Fassino a Dario Franceschini fino a Pier Luigi Bersani. Persino il traghettatore Guglielmo Epifani ci ha fatto un pensierino. Guardando la questione dall'altro punto di vista, candidando l'ex segretario, Renzi potrebbe stroncare le resistenze interne e riunificare il partito. Come farebbero i bersaniani a non appoggiare Bersani? Persino Pippo Civati, che sostiene che per il Quirinale voterà «solo un candidato di centrosinistra», rientrerebbe nei ranghi. Certo, restano due problemini di non poco conto. Il primo sta negli attuali rapporti, non idilliaci, tra Matteo e Pier Luigi, che non manca occasione di criticare il premier. Il secondo è il peso politico di Bersani, che dal Colle potrebbe fare ombra al governo. Ma anche qui vale il discorso fatto per il Cavaliere: con il regno di Romano I sarebbe ancora peggio.

Il negoziato vero entrerà nel vivo nei prossimi giorni. Per ora siamo alle mosse preliminari, d'assaggio. «Ci rivolgeremo a tutti - assicura Debora Serracchiani, vicesegretario del Pd - a cominciare da Forza Italia, che potrà dire la sua in modo forte, al di là dei numeri parlamentari». Poi però apre un secondo forno corteggiando i dissidenti grillini «che vogliono partecipare alla vita democratica e finora non ci sono riusciti». Anche il capogruppo alla Camera Roberto Speranza apre al dialogo con Fi: «Abbiamo 450 grandi elettori e tocca a noi indicare la rotta». Quindi, «niente pregiudizi, né bandierine.

Non possiamo accettare veti, ma al tempo stesso potranno esserci anche personalità non strettamente riconducibili al Pd se hanno le caratteristiche che la funzione richiede».

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