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Trattativa impossibile sul Mes. E c'è il caso No Euro nella Lega

Tutti da definire i punti spinosi sul Salva-Stati. Salvini smentisce Borghi sulla «caduta del tabù» della Italexit

Trattativa impossibile sul Mes. E c'è il caso No Euro nella Lega

I capitoli più spinosi del Mes restano tutti da definire. Aperta la trattativa con gli altri paesi dell'Area euro sulle «clausole collettive» che potrebbero aprire la porta a una dolorosa ristrutturazione del debito pubblico italiano. Ancora da giocare la partita contro i falchi tedeschi sulla ponderazione del rischio del debito sovrano nazionale detenuto dalle banche, cioè il tetto alle obbligazioni pubbliche che rischia di mettere in seri guai gli istituti di credito e le finanze pubbliche italiane.

Un braccio di ferro che continuerà per tutto l'inizio del 2020, grazie al rinvio deciso mercoledì notte dall'Eurogruppo. Ma che per l'Italia sarà condotta da un governo in difficoltà. Ieri concentrato in una polemica sulle opposizioni sulla eventuale uscita dell'Italia dall'Euro.

A rianimare l'Italexit una dichiarazione di Claudio Borghi ad Agorà su Rai Tre. «Io penso che nessun argomento possa essere un tabù. Se una posizione politica è condivisa da un numero sufficiente di persone - ha argomentato il presidente leghista della commissione Bilancio della Camera - è vietato presentare, e rappresentare le istanze di questo 25 per cento» di italiani?

Il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri ha subito replicato accusando Borghi e il Carroccio di essere «nemici degli interessi dell'Italia, della tutela del risparmio degli italiani. Se si facesse quello che dice Borghi, gli italiani perderebbero molti soldi» e «l'Italia sarebbe declassata a paese molto più povero».

A stretto giro è arrivata la replica del leader leghista Matteo Salvini. «Nessuna uscita dall'Euro o dall'Europa, la Lega vuole solo fermare un governo che mette a rischio la democrazia, la sovranità e i risparmi degli Italiani». Poi quella dello stesso Borghi, secondo il quale la reazione di Gualtieri e le altre sono «patetici tentativi di confondere gli italiani per camuffare il fatto che sia stato dato l'ennesimo via libera» alla riforma del Fondo Salva-Stati «contro il mandato del Parlamento».

Una cortina fumogena sul Mes, insomma, la cui riforma approderà in Parlamento. Prima, forse, per una mozione che vincoli il governo, come chiede il Movimento 5 stelle di Luigi Di Maio. Poi per la ratifica vera e propria del trattato.

Il presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno è tornato sul vertice di mercoledì sostenendo che è stata trovato «un ampio accordo sul testo. I leader ci hanno invitato a continuare a lavorare sulla documentazione giuridica con l'obiettivo di concludere il pacchetto completo a dicembre» e approvarlo entro il primo semestre del prossimo anno.

Tra i dettagli ancora da definire ci sono due capitoli importanti per l'Italia, «la nota esplicativa delle clausole di azione collettiva (Cac) single limb». Possibile che l'Italia ottenga la possibilità di lasciare ai governi nazionali più potere nel definire le modalità di una eventuale ristrutturazione del debito.

Poi la ponderazione dei titoli di stato per i requisiti di capitale delle banche. Per Gualtieri non c'è questo rischio. In realtà ieri fonti europee hanno precisato che il tema è solo rinviato e che la garanzia unica sui depositi bancari, che prevede anche il tetto sui titoli di debito pubblico, farà parte del pacchetto complessivo.

La trattativa, insomma, è ancora da fare. Il rinvio deciso dall'Eurogruppo per ragioni tecniche può dare più margini di manovra al governo.

Oppure servirà solo a fare emergere in modo ancora più netto le divisioni nella maggioranza.

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