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Trattativa Pd-pm milanesi: presto cadranno tutti i segreti

Dopo il plauso di Renzi ai giudici che hanno salvato Expo e Sala, il procuratore smentisce: "Nessuna moratoria". Bruti va in pensione, se ripartono le inchieste sarà la controprova

Trattativa Pd-pm milanesi: presto cadranno tutti i segreti

Procuratore, cosa c'è nei vostri cassetti? La domanda rimane senza risposta. Edmondo Bruti Liberati scivola via, inghiottito nel nugolo di agenti che scortano, pochi metri più in là, il ministro della Giustizia Andrea Orlando. Per Bruti è il giorno dell'addio. Nell'aula magna del tribunale il Procuratore ha tenuto il suo ultimo discorso. Tra tre giorni andrà in pensione. È un addio amaro. Non solo perché Bruti se ne va anzitempo, sull'onda delle polemiche furibonde che hanno lacerato la Procura milanese, e che lo esponevano al rischio di essere esautorato dal Csm. Ma anche perché, manco a farlo apposta, alla vigilia del suo addio gli è piombato addosso un ringraziamento che somiglia a un killeraggio: quello del presidente del Consiglio.«Voglio ringraziare i magistrati di Milano per il rispetto rigoroso della legge ma anche del sistema istituzionale», aveva detto Matteo Renzi. Parole che a chiunque (compresi numerosi magistrati) sono suonate come la conferma ufficiale di quanto da mesi si dice nel Palazzo di giustizia milanese, e che solo un vecchio reporter iconoclasta come Frank Cimini aveva osato scrivere: l'esistenza di una moratoria tacita, un accordo tra potere politico e procura milanese per consentire a Expo di svolgersi al riparo da retate e avvisi di garanzia. «Nessuna moratoria - dice ieri Bruti - io sto ai fatti: le indagini su Expo sono state fatte». Se un riguardo c'è stato, dice il procuratore, è consistito nella «celerità dell'indagine» perché non si bloccassero i lavori dell'esposizione». Nient'altro. E il ministro Orlando prova anche lui a smosciare, spiegando che il «rispetto istituzionale» dimostrato dalla Procura milanese ha significato soltanto «fare ciò che impone la legge»: frase evidentemente priva di significato.E dunque? Di cosa parla davvero Renzi, quali accordi taciti o espliciti sono intercorsi in questi mesi perché non si disturbasse l'Expo di Giuseppe Sala? Per capire la portata di questi interrogativi bisogna andare indietro, alla nomina di Bruti alla guida della Procura cinque anni fa, conquistata grazie ad un accordo bipartisan in Csm fortemente voluto da Giorgio Napolitano: e a come il Quirinale abbia sempre vegliato su Bruti, considerandolo un magistrato non ottusamente chiuso nei codici ma aperto anche alle esigenze della società e della politica, e poi difendendolo apertamente anche nel momento più difficile, lo scontro con il suo vice Alfredo Robledo.Di questa interpretazione «politica» del suo ruolo, Bruti ha beneficiato a volte anche il centrodestra: come quando evitò il carcere a Alessandro Sallusti, o aprì la strada all'affidamento ai servizi sociali di Silvio Berlusconi. Ma è oggettivo che il caso più eclatante, l'inchiesta Sea dimenticata in cassaforte, ha tolto una rogna dal cammino della giunta rosso-arancione di Milano. Ed è altrettanto evidente che le inchieste su Expo che ieri Bruti rivendica si sono fermate tutte alla vigilia dell'esposizione. Dopo le retate del 2014, le indagini si sono fermate.

Solo nelle prossime settimane, chiusa Expo e pensionato Bruti, si capirà se davvero, come si dice da tempo in tribunale, le notizie di reato relative all'esposizione siano continuate ad arrivare, e siano tenute sotto nomi di copertura in attesa della fine della moratoria.

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