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Tremonti nella zona grigia della guerra tra pm di Milano

Doppia bordata contro l'ex ministro: lui indagato per Finmeccanica, due commercialisti del suo studio accusati di riciclaggio. Atti al Tribunale dei ministri

Tremonti nella zona grigia della guerra tra pm di Milano

Milano - Nella Procura dei veleni, un sussulto di concordia tra magistrati di diversi schieramenti mette nel mirino Giulio Tremonti, ex ministro dell'Economia nei governi Berlusconi, oggi senatore del gruppo «Grandi autonomie e libertà». Su Tremonti si abbatte un uno-due giudiziario. Nell'arco di poche ore, prima trapela la notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati per corruzione; e subito dopo i carabinieri vanno a fare irruzione nel suo studio da commercialista, incriminando per riciclaggio i suoi colleghi: e se formalmente in questo secondo capitolo l'ex ministro non è indagato, dalle carte dell'inchiesta si capisce che comunque i pm scavano vicino a lui.

Ad accusare Tremonti di corruzione la magistratura milanese arriva sulla base di carte in parte già note da tempo, perché emerse nell'indagine su Finmeccanica della procura di Roma, quando quattro anni fa il pubblico ministero Paolo Ielo raccolse le confessioni e le accuse di Lorenzo Cola, faccendiere e lobbista, che aveva seguito la trattativa per l'acquisto di una società americana di elettronica militare, la Drs. Finmeccanica sborsò un assegno da 3,4 miliardi, e Cola per il suo ruolo si vide riconoscere una «mediazione» da 16 milioni di euro. Non fu un affarone, visto che negli anni successivi il valore di Drs si è quasi dimezzato. Ma il mediatore Cola raccontò anche qualcos'altro: che l'operazione aveva rischiato di inabissarsi per l'opposizione di Tremonti, e che il parere del ministro cambiò solo quando Finmeccanica stipulò un ricco contratto di consulenza con lo studio «Vitali, Romagnoli, Picardi», fondato proprio da Tremonti. Nel momento in cui assunse responsabilità di governo, Tremonti ha interrotto i rapporti con lo studio. Ciò non ha impedito che in varie occasioni le attività dei suoi ex colleghi venissero messe in relazione al ministro e ai suoi potenziali conflitti di interessi.

Eppure quando Ielo raccoglie la testimonianza di Cola sull'affare Drs, non iscrive Tremonti nel registro degli indagati ma si limita a spedire per competenza territoriale le carte alla procura di Milano. A Milano le carte vengono assegnate al pool anticorruzione, diretto allora dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo. Tremonti viene indagato per corruzione, ma gli atti devono cambiare di nuovo titolare, perché sui reati dei ministri è competente una sezione speciale del tribunale. Ma nel frattempo Robledo viene esautorato, la guida del pool viene assunta dal procuratore Edmondo Bruti Liberati: e il fascicolo viene trasmesso al Tribunale dei Ministri solo ieri, quando la notizia dell'inchiesta è già su un paio di organi di stampa. «Mai chiesto niente a Finmeccanica», reagisce Tremonti con un comunicato: «L'operazione Drs-Finmeccanica ha interessato e coinvolto la politica industriale e militare di due Stati e non era da parte mia né influenzabile, né strumentalizzabile».

E in contemporanea i carabinieri vengono spediti in tutta fretta nello studio «Vitali, Romagnoli, Picardi», sempre quello di Tremonti.

Due dei soci sono accusati di riciclaggio per avere aiutato a nascondere i soldi Marco Milanese, ex ufficiale della Finanza e ex braccio destro di Tremonti.

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