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Trenta in imbarazzo sulla casa ma i grillini già la scaricano

L'ex ministro: "Alloggio di servizio riassegnato a mio marito". Di Maio la sfratta: "È opportuno che lo lasci"

Trenta in imbarazzo sulla casa ma i grillini già la scaricano

Lo sfratto per Elisabetta Trenta arriva alle sei di pomeriggio, con le parole dettate all'Agi dal suo capo, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio: «È opportuno che lasci quell'alloggio». L'alloggio è una spettacolare abitazione che l'esponente grillina si è fatta dare gratis quando era ministro della Difesa e in cui continua ad abitare anche adesso che non è più ministro: siamo nel cuore di Roma, nei pressi di piazza San Giovanni in Laterano. La Trenta ci vive con il marito, il maggiore dell'esercito Claudio Passarelli. Ed è proprio dietro al lavoro del marito che si appiglia adesso la ex ministra per rivendicare le sue buone ragioni a non fare le valigie: ad avere diritto alla magione non è più lei ma è lui. Insomma, a meno che il diktat di Di Maio e le contumelie che le stanno arrivando addosso dalla base non le facciano cambiare opinione, per ora la Trenta resta lì. E a sbrigare la rogna dovrà essere il suo successore alla guida del ministero della Difesa, il piddino Lorenzo Guerini.

«Da due giorni sono sotto attacco, mi chiedo perché». Così all'ora di pranzo la senatrice di Velletri aveva reagito ai due articoli che le sono piombati addosso: sabato la rivelazione del Giornale sulla sua domanda di arruolamento nei servizi segreti, che solleva nuovi interrogativi sui rapporti tra il mondo dell'intellligence e la Link Campus, l'università privata dove la Trenta si è candidata; e ieri la storia della casa di servizio, rivelata dal Corriere della sera. Della sua aspirazione a fare lo 007, l'ex ministro non dà spiegazioni, non racconta per quale motivo sia stata bocciata alla visita psicoattitudinale, né dice quali rapporti con l'allora direttore dell'Aise, il generale Alberto Manenti, le avessero fruttato comunque l'offerta (da lei respinta) di un assunzione a tempo determinato nei servizi segreti. Risponde invece, e con ampiezza, alle polemiche sulla sua casa romana: «Quando ho lasciato l'incarico, avrei avuto, secondo regolamento, 3 mesi di tempo per poter lasciare l'appartamento; termine ancora non scaduto (scadenza tre mesi dal giuramento del nuovo governo, vale a dire 5 dicembre 2019)».

«Come è noto, mio marito - continua la Trenta in una lettera inviata a quotidiano milanese - è ufficiale dell'Esercito Italiano con il grado di maggiore e svolge attualmente un incarico di prima fascia, incarico per il quale è prevista l'assegnazione di un alloggio del medesimo livello di quello che era stato a me assegnato (infatti a me non era stato concesso un alloggio Asir- cosiddetto di rappresentanza - ma un alloggio Asi di prima fascia. Pertanto, avendo mio marito richiesto un alloggio di servizio, per evitare ulteriori aggravi economici sull'amministrazione (a cui competono le spese di trasloco), è stato riassegnato lo stesso precedentemente concesso a me, previa richiesta e secondo la medesima procedura di cui sopra». Dunque la scelta di restare nel centro della Capitale, anziché tornarsene nella sua casa nel quartiere del Pigneto, tra movida e pusher - la Trenta l'avrebbe fatta per far risparmiare soldi allo Stato. L'autogiustificazione della Trenta, d'altronde, non convince neanche i suoi compagni di partito: «Formalmente pare anche ineccepibile, ma non è da 5 stelle!!!», scrive il viceministro dello Sviluppo Stefano Buffagni. «Non sono mai stato un giustizialista e capisco che durante il mandato possano nascere esigenze funzionali.

Ma se fosse stato uno del Pd o uno della Lega ad assegnare al marito una casa di quel genere da tenere anche dopo il mandato cosa avremmo detto?».

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