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Tria gela la sua maggioranza: tagliare le tasse è impossibile

Il ministro cancella la flat tax: "Non si può fare tutto subito. Lo choc fiscale provocherebbe instabilità"

Tria gela la sua maggioranza: tagliare le tasse è impossibile

Sono state quattro, ieri, le parole selezionate dal ministro dell'Economia, Giovanni Tria, per rassicurare la platea di Cernobbio: «prudenza», «transizione», «attenzione» e soprattutto «gradualità». La politica dei piccoli passi, però, si traduce già in una clamorosa smentita delle promesse gialloverdi da parte del «pompiere» Tria: le riforme si fanno in cinque anni e addio scossa della flat tax.

A stanare il ministro nella sala del Forum Ambrosetti al termine del suo intervento è stata una domanda del deputato forzista ed ex ministro Renato Brunetta che già alla vigilia del discorso aveva bollato come «fake news» l'introduzione del reddito di cittadinanza e della flat tax già con la prossima manovra. «Non c'è un euro per farli, non ci sono risorse nemmeno per neutralizzare l'aumento dell'Iva», aveva tuonato Brunetta sulla terrazza di villa d'Este. Dopo, nella sala a porte chiuse, ha preso il microfono e incalzato Tria sul punto: «Ma invece di un gradualismo di cinque anni per tenere insieme capra e cavoli (ovvero Lega e Cinque Stelle, ndr), non è meglio uno shock fiscale?», ha chiesto, microfono alla platea. Costringendo Tria a rispondere che questa soluzione «potrebbe portare a problemi di instabilità sociale e a non creare quel clima favorevole, friendly, per le imprese e gli investimenti».

Ma come farà a conciliare le riforme proposte dai partiti e la solidità dei conti pubblici? La manovra sarà lenta e graduale «con un equilibrio che non è di tipo politico, accontentare un pezzo o un altro, ma che dipende dalla strategia di politica economica, perché una riforma si regge anche sull'altra». Insomma, «non si può fare tutto subito», ha detto il responsabile dell'Economia ribadendo di voler rispettare i vincoli di bilancio europei. Il governo, «non punta a far partire una riforma forte senza le altre, perché sarebbe una manovra squilibrata che non considera che tutte le parti - rafforzamento stabilità sociale, l'avvio della riforma fiscale e lancio del grande piano di investimento - si tengono e non tutto si può fare subito».

Bisogna partire dalla crescita, ha poi aggiunto, «ma non in deficit spending». È «inutile cercare due-tre miliardi di deficit, se ne perdiamo tre o quattro dal lato dei tassi di interesse». Non ha senso dunque sforare il deficit se poi questo margine viene «mangiato» dalla crescita dello spread: Su questo tema, spiega, «c'è piena consapevolezza da parte del governo. L'obiettivo di bilancio, in termini di indebitamento netto, sarà commisurato entro questi limiti ma guardando ai mercati finanziari». Tria rivendica dunque che la linea della prudenza sui conti pubblici da parte del governo «c'è sin dall'inizio. Ciò che sto discutendo con la Commissione da giugno non è cambiato, l'obiettivo è di stare nei limiti consentiti dalle regole europee».

Un bagno di realismo, dunque. Anche la strategia della richiesta a Bruxelles di aumentare il deficit per avere più munizioni da destinare al reddito di cittadinanza viene bocciata dal ministro: «Inutile cercare 3 miliardi in più di deficit se poi ne perdiamo altrettanti sul mercato», con il rialzo dei tassi sui titoli pubblici. «Le riforme saranno fatte nei limiti delle risorse che saremo in grado di trovare nel bilancio pubblico e nei limiti di quello che saremo in grado di concordare con l'Ue». Le regole, ha aggiunto Tria, «vanno rispettate, l'indebitamento netto sarà commisurato anche all'interno della libertà che ci consentono i mercati». Acqua anche sul fuoco dello spread: «I mercati in agosto non ci hanno creduto, ma questo è un problema che ormai abbiamo alle spalle essendo passato agosto mese pericoloso per le fluttuazioni dei mercati finanziari. Dalle dichiarazioni si passerà ai fatti. Sono convinto che lo spread tornerà a livelli normali, legati ai fondamentali dell'Italia».

Gli ospiti del Forum fanno gli scongiuri, il sipario di Cernobbio si chiude.

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