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Tria: no alla flat tax nel Def. E Salvini: così salta il banco

Nel testo solo un vago accenno alla rimodulazione fiscale. Nel Carroccio è allarme sui conti: perdiamo consensi

Tria: no alla flat tax nel Def. E Salvini: così salta il banco

La riunione sul Def in programma ieri, raccontano le cronache, sarebbe stata rinviata a questo pomeriggio a causa dei troppi impegni di Giuseppe Conte. Ma, non è un dettaglio, all'incontro non era prevista la presenza né di Matteo Salvini né di Luigi Di Maio. I due vicepremier hanno un'agenda piuttosto piena, ci mancherebbe. Ma è del tutto evidente che la loro assenza era dovuta più a ragioni di merito che a questioni organizzative. D'altra parte, che lo scontro in corso da giorni con il ministero dell'Economia abbia ormai superato il livello di guardia non è un mistero per nessuno. Per giunta, dopo aver vinto il braccio di ferro sul piano per i rimborsi ai truffati, Giovanni Tria si prepara ora a mettere nero su bianco un Documento di economia e finanza che certificherà quanto critici siano i numeri della crisi italiana. La crescita prevista all'1% solo tre mesi fa è infatti destinata a scendere allo 0,2%, bene che va allo 0,3. Mentre il rapporto deficit-Pil passerà dal 2,04% di dicembre a ben più realistico 2,4%. Un Def, peraltro, che a differenza di quanto avrebbe voluto Salvini non farà alcun riferimento esplicito alla flat tax. Solo nel Programma nazionale di riforma che accompagna il Documento di economia e finanza ci sarà un cenno assolutamente generico ad una rimodulazione del sistema fiscale, ma senza alcuna indicazione precisa né impegno di spesa. Questa almeno è la linea che il ministro Tria terrà domani nel vertice sul Def in programma prima del Consiglio dei ministri.

Insomma, dopo aver vinto la partita sui rimborsi ai truffati delle banche con il via libera ad un piano che è la fotocopia di quello che aveva preparato il governo guidato da Paolo Gentiloni, Tria si prepara a respingere anche l'assalto sulla flat tax. Non è un caso che ieri Conte ci tenesse a dire che «la riforma fiscale va fatta progressivamente» e dunque «ha bisogno di tempo». Un modo per mettere le mani avanti in un momento in cui la Lega è tornata a spingere sulla flat tax anche per cercare di tranquillizzare il ceto produttivo del Paese e del Nord in particolare, sempre più preoccupato dall'azione del governo sul fronte economico. D'altra parte, le previsioni di tutti gli indicatori sono sempre più disastrose e non è un caso che sabato scorso al Workshop Ambosetti di Cernobbio l'80% dei 200 industriali presenti abbia bocciato l'azione dell'esecutivo Conte. Se è da mesi che Giancarlo Giorgetti è in allarme, ora anche Salvini sembra essersi convinto che il tema rischia di essere centrale in vista delle Europee del 26 maggio. Ci mancherebbe, la Lega porterà comunque a casa un risultato straordinario (i sondaggi continuano a quotarla intorno al 30%) ma se dovesse passare il messaggio che Salvini ha trascurato il fronte economico il rischio è di essere additato come uno dei responsabili della crisi che verrà.

Ecco perché ieri il leader della Lega non ha affatto gradito il muro di Tria, al punto dal far arrivare a Conte e a Di Maio il seguente messaggio: se non volete fare voi la flat tax, sappiate che potrei farla con chi ci sta. Un pizzino che potrebbe anche essere letto come la minaccia di una crisi, visto che è chiaro che nell'attuale Parlamento Salvini una maggioranza disponibile a votare la flat tax la troverebbe facilmente. Con Forza Italia e Fratelli d'Italia.

Sempre che, e questo è tutto da vedere, il vicepremier sia disposto a un'operazione di Palazzo che ne comprometterebbe l'immagine di duro e puro.

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