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"Troppi decreti". Anche Fico striglia il premier

"Troppi decreti". Anche Fico striglia il premier

nostro inviato a Roma

Nessun rimpasto, nessuna crisi di governo, ma un pressing continuo per dettare l'agenda di governo. La strategia che Matteo Salvini ha delineato fin dal giorno dopo le elezioni europee fa esplodere il malcontento tra le fila grilline. La resistenza passiva voluta da Di Maio non piace a buona parte del Movimento e ieri a prendersi il compito di battere un colpo è stato il presidente della Camera. Roberto Fico ha fatto recapitare nel primo pomeriggio una lettera al premier Giuseppe Conte per lamentare un eccesso di decretazione d'urgenza e soprattutto una compressione dei tempi del dibattito parlamentare. La compagine del M5s, minoranza interna in testa, che aveva «processato» Di Maio all'indomani della batosta elettorale si era segnata sul taccuino la promessa di Di Maio di un cambio di passo, con una gestione più collegiale. Ma stavolta le promesse potrebbero non bastare. E così pure i cambiamenti imminenti, a partire dal più visibile: Rocco Casalino resterà portavoce del premier ma non sarà più lui a gestire la comunicazione del Movimento. A succedergli sarà Agostino Rubei, attualmente portavoce del ministro Elisabetta Trenta, ma già da tempo diventato centrale nelle strategie comunicative grilline. Un avvicendamento che dovrebbe essere formalizzato a breve.

Il fatto che Fico sia uscito allo scoperto significa che serve qualcosa di più, soprattutto alla luce dello scontro sull'emendamento per i fondi del Sud che ha fatto esplodere il malumore. Il messaggio di Fico a Conte è formale ma molto chiaro: l'esame di molte leggi importanti si sta trasformando in una sorta di «monocameralismo alternato». Era già successo con la legge di Bilancio che ci si ritrovasse a esaminare i testi in tempi strettissimi, ma allora c'era di mezzo la trattativa con l'Europa. Con lo Sbloccacantieri ora la Camera si troverà costretta a esaminare il complesso provvedimento in meno di una settimana. «Serve più coordinamento sui decreti» alla luce «dell'ingolfamento della Camera», accusa Fico. E al Senato non va meglio: per il Dl Crescita resteranno pochi giorni di tempo, non più di 4-5. Ed è proprio su questo che è scoppiata la bufera.

Colpa di un emendamento della Lega che dal 2021 trasferisce alle Regioni l'intera gestione dei finanziamenti europei del Fondo per lo sviluppo e la coesione, una torta da 60 miliardi fondamentale per il Sud che verrebbe così sottratta all'Agenzia per la coesione territoriale e al Dipartimento per la coesione. E infatti a far scoppiare il caso è stata Barbara Lezzi. Il ministro grillino per il Sud, vicina a Fico, ha parlato di «atto di totale scorrettezza», anche perché nessuna Regione è in mano ai 5S. Ieri è scoppiato il bubbone e la maggioranza ha chiesto di interrompere i lavori alla Camera per un'ora. Nella notte si tenta la mediazione, ma stavolta il gruppo parlamentare grillino non ha alcuna voglia di fare marcia indietro, né di cedere al vero obiettivo della Lega: fare marcia indietro in cambio di un primo via libera in Consiglio dei ministri all'autonomia regionale differenziata. E ora nei 5S si apre la caccia a chi non ha visto, a partire dal vice ministro all'Economia Laura Castelli e dal relatore, il grillino Raphael Raduzzi, che ha dato via libera all'emendamento.

Via al primo round.

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