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Un trucco salva la diaria ai parlamentari assenteisti

Altro che penalità sui rimborsi, agli eletti è sufficiente partecipare al 30% delle votazioni per essere "presenti"

Un trucco salva la diaria ai parlamentari assenteisti

Quando lo scorso 2 febbraio il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan si è presentato in Aula per rispondere al question time su deficit e manovra correttiva, ad ascoltarlo c'erano appena 13 «virtuosi» senatori. Deserti anche i banchi di ministri e sottosegretari. Eppure per la carica dei 302 la mattinata di assenza non sarà conteggiata come un buco nella pagella della produttività mensile, né comporterà la decurtazione di un solo euro dalla «diaria» mensile (quella che aggiunge 3.500 euro di rimborsi spese all'indennità da 5mila).

Benvenuti nel mondo parallelo dell'assenteismo parlamentare, ben lontano da quello reale che ora, con il decreto Madia sul pubblico impiego, vuole dare una stretta ai furbetti del cartellino con l'identikit del cattivo dipendente pubblico licenziabile in modo più veloce.

Tra Camera e Senato, invece, il metro che misura presenze e assenze è assai più flessibile e oscuro. E il diavolo, o meglio, il trucco per non incorrere nelle penalità pur previste per chi non partecipa ai lavori parlamentari, si annida nei dettagli. Al di là delle note «furbate» con cui i senatori lasciano inserito il badge che basta per conteggiarli come «presenti non votanti», sono le regole che offrono agli eletti un ampio paracadute per intascare fino all'ultimo centesimo i 12mila euro al mese tra indennità e rimborsi. Lo fa notare Openpolis, che ha confezionato il dossier sull'assenteismo in parlamento, denunciando «una totale mancanza di trasparenza sulle modalità con cui queste regole vengono fatte rispettare e sull'entità delle eventuali decurtazioni applicate. Queste informazioni non vengono pubblicate né per le singole sedute né con report di riepilogo che facciano il punto sul fenomeno nel corso della legislatura».

Per far scattare le trattenute sui 3.500 euro mensilmente erogati ai politici di professione per consentire loro di soggiornare a Roma (anche ai romani) bisogna che risultino, appunto, assenti. Un'ovvietà. Non così cristallina. Per «timbrare» il tesserino, a un parlamentare basta partecipare appena al 30% delle votazioni elettroniche nel corso della giornata. Solo se non raggiunge questa agile soglia scatta il taglio di 206,58 euro imposto dal regolamento per ogni giorno di assenza dall'Aula. Dal 2012, poi, esiste un'ulteriore detrazione fino a 500 euro mensili per le assenze dalle sedute delle giunte delle commissioni permanenti e speciali, del comitato per la legislazione, nonché delle delegazioni parlamentari presso le assemblee internazionali. Peccato però, che le presenze e le assenze si misurino esclusivamente sulle votazioni elettroniche e che nelle commissioni la pratica non sia istituzionalizzata, spiega Openpolis, rendendo di fatto impossibile un vero monitoraggio.

Insomma, se per un dipendente la giornata lavorativa è fatta di otto ore, a un deputato o a un senatore per registrarsi e intascare l'intera somma della diaria sono sufficienti 3 votazioni su 10. Senza considerare poi le «assenze giustificate» per missioni parlamentari. Inoltre, all'interno di una seduta si possono tenere numerose votazioni elettroniche, dunque «se si contassero solo le sedute basterebbe partecipare a una sola votazione per risultare presente» scrive Openpolis. La conclusione: «Un parlamentare, per quanto assenteista, non vedrà mai toccata la sua indennità (circa 5mila euro), ma solo la diaria».

Forse.

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