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Trump, maggioranza in bilico Via d'uscita? Guerra alla Corea

Presidente mai così debole, pesano Russiagate e attriti con Sessions. L'ipotesi di un attacco militare al regime

Trump, maggioranza in bilico Via d'uscita? Guerra alla Corea

La situazione politica di Donald Trump da difficile si sta facendo tragica, al punto che la Cina, fiutando venti di guerra, mobilita milioni di soldati e li schiera lungo la frontiera nordcoreana nel caso in cui la politica americana non trovasse altro sbocco che quello di una azione militare all'estero che risolverebbe per qualche tempo i problemi interni. Non che i buoni motivi non manchino viste le incredibili provocazioni del leader nordcoreano che in acque internazionali fa esercitare i suoi sottomarini al lancio di testate multiple intercontinentali in grado di raggiungere l'Alaska. Ma la guerra di Corea per ora fa da sfondo a una situazione politica interna terribile per Trump che si trova con una maggioranza risicata e quasi inconsistente per votare l'eliminazione del cosiddetto Obamacare. John McCain, l'eroe di guerra che lui ha deriso per essersi lasciato catturare dai nordvietnamiti anziché suicidarsi, con gelido fair play vota a suo favore, ma questo voto a favore pesa tonnellate sul piano politico. L'opposizione democratica sta lavorando alacremente per azzoppare il presidente in modo da arrivare alle elezioni di mezzo termine, con Trump già sconfitto, col più basso indice di gradimento della storia.

Trump deve risolvere la questione dell'Attorney General Jeff Sessions e dire se intende licenziarlo o seguitare a punzecchiarlo. I suoi guai col Russiagate e con gli avvicendamenti nel Fbi seguitano a marcire e diffondere tossine. L'intervista che il presidente ha dato al Wall Street Journal due giorni fa offre di lui un'immagine debole e fa trasparire quello che è forse l'abitudine meno generosa del presidente: l'ingratitudine. Ora Trump finge di disprezzare l'appoggio che Sessions come senatore dell'Alabama gli dette in campagna elettorale, portandogli almeno cinquantamila voti. Oggi Trump dichiara che di quei voti in fondo poteva fare a meno. Ha assunto come capo della comunicazione l'italiano, di origine, Anthony Scaramucci dopo aver fatto impazzire il suo predecessore con i tweet che smentivano quel che diceva. Scaramucci ha diligentemente licenziato un giovane impiegato accusato di far trapelare notizie, i maledetti leak.

In più, affermano gli gnomi di Wall Street, una minacciosissima bolla finanziaria sta espandendosi senza poggiare su alcuna base economica sicché la borsa vola e guadagna, ma sul gioco d'azzardo, sul gambling e sulle spese militari che a loro volta sono collegate all'ipotesi della guerra contro la Corea del Nord.

La Cina a questo punto ha schierato un gran numero di divisioni ad alta tecnologia militare lungo la frontiera con la Corea del Nord, in previsione di una possibile avanzata americana dal 38° parallelo verso Nord e di una conseguente fuga in Cina di milioni di coreani. Bejing non vuole profughi coreani in casa e non vuole che i soldati americani si avvicinino al loro confine. I piani militari cinesi, noti agli americani, prevedono l'invasione del lembo di Corea del Nord al loro confine, con la messa in sicurezza di tutti i siti nucleari in quell'area. Questa mossa cinese ha lo scopo di mettere sotto pressione sia Pyongyang sia Washington: la Cina non vuole turbolenze vicino alle sue frontiere ed è pronta a varcare lei i confini in anticipo. Inoltre la Cina ha deciso di non accettare una grande Corea unificata sotto la bandiera americana e dunque Trump deve giocare una partita a scacchi con due campioni orientali, coadiuvato però da Seoul e dal Giappone che morde il freno per entrare sul campo di battaglia economica, fra Cina e le due Coree, schierando le sue forze nuove armate, dopo la quarantena che dura dal 1945.

La politica del presidente cinese Xi Jinping nel frattempo mira a recuperare milioni di cinesi americani finora devoti alla Costituzione e alla bandiera degli Stati Uniti, creando delle enclave nella cultura scientifica e nell'amministrazione stessa americana che sono apertamente filocinesi.

Ma il fronte trumpista non resta inerte e molti intellettuali, secondo la stampa liberale di destra, stanno valutando positivamente il suo inedito stile di governo in apparenza volto a «non fare assolutamente niente», ma che invece starebbe cambiando, malgrado i catastrofici problemi da risolvere, il volto e lo spirito della nazione americana.

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