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Trump perde il portavoce: storie di donne dietro l'addio

Non convincono le scuse del capo della comunicazione Il premier giapponese va a Pearl Harbor da Obama

Trump perde il portavoce: storie di donne dietro l'addio

New York - Il premier giapponese sbarca a Pearl Harbor per uno storico incontro di pacificazione con un Barack Obama alle ultime battute da presidente. Shinzo Abe ricambia così la visita del maggio scorso a Hiroshima. Ma intanto, più prosaicamente, non c'è pace nella squadra di governo di Donald Trump: dopo le polemiche su tante delle nomine della futura amministrazione, il presidente in pectore deve far fronte alla prima defezione. A meno di 48 ore dalla sua scelta come futuro direttore della comunicazione della Casa Bianca, Jason Miller ha comunicato che non intende accettare l'incarico. Il 41enne, che prima di unirsi allo staff del tycoon era a capo della comunicazione dell'ex candidato alle primarie repubblicane Ted Cruz, ha deciso di rinunciare per motivi familiari, poiché la moglie è in attesa della seconda figlia e il ruolo a Pennsylvania Avenue sottrarrebbe troppo tempo a lei e alle bambine. Secondo indiscrezioni, però, il motivo sarebbe un altro, e legato ad una relazione extra coniugale con una funzionaria del transition team di Trump.

Ad alimentare i sospetti, secondo i media Usa, è il fatto che un altro membro dello staff di The Donald, A. J. Delgado, ha anticipato la notizia in un messaggio Twitter, poi cancellato. E in un altro cinguettio (anche questo cancellato), ha definito Miller «la versione 2016 di John Edwards», l'ex candidato vice presidente democratico che ebbe una storia con una componente della campagna elettorale, da cui poi è nata una figlia.

Intanto un altro Miller, Stephen, è stato scelto da Trump per scrivere il suo primo storico discorso da presidente. Il consigliere politico del re del mattone ha già preparato diversi suoi interventi, incluso quello alla Convention repubblicana di Cleveland. In questo caso punterà sui problemi strutturali degli Stati Uniti e spiegherà nel dettaglio l'agenda di Trump in termini meno ideologici di quelli della campagna elettorale: fra i temi che potrebbero essere trattati ci sono istruzione, infrastrutture, sicurezza delle frontiere, stato delle forze armate e dell'economia.

Dopo aver dissolto la fondazione di famiglia, invece, il Commander in Chief eletto sta lavorando per risolvere il conflitto di interessi della Trump Organization: un'operazione non facile, con tutti gli accordi siglati che portano la sua firma. E nel frattempo il miliardario newyorkese si appresta anche ad una nuova rivoluzione, quella della sala stampa: i suoi uomini ritengono le attuali modalità di copertura degli eventi «datate» e da rivedere. Si punta a modificare il format dei briefing quotidiani e forse anche del pool dei giornalisti al seguito. Le potenziali innovazioni hanno già fatto infuriare i media statunitensi.

«Gli americani meritano di aver un loro esponente che rende la Casa Bianca responsabile ogni giorno, perché le sue posizioni vanno spiegate in più di 140 caratteri», ha affermato Mike McCurry, già portavoce del presidente Bill Clinton, riferendosi all'uso di Twitter da parte di Trump.

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