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Truppe Nato all'Est, furia russa E l'Italia manda la «Folgore»

Le manovre Alleate scatenano l'ira di Mosca: «Reagiremo» Appello alla calma anche dallo storico leader Lech Walesa

La crescente tensione tra i Paesi occidentali e la Russia tocca il suo acme in questi giorni. Dopo la risposta europea in forma di un ulteriore aggravio delle sanzioni economiche contro Mosca, tocca adesso alla Nato rispondere sul piano militare all'ansia provocata nei propri Paesi membri orientali dalle spregiudicate mosse di Vladimir Putin sullo scacchiere ucraino.

Oggi il presidente americano Barack Obama sbarca in Estonia, una delle tre Repubbliche baltiche che, resesi indipendenti dal giogo sovietico subito dopo la caduta del regime, hanno visto nell'adesione all'Alleanza Atlantica, oltre che l'ingresso in un club di Paesi di cui condividono i principi di fondo, un'assicurazione sulla loro stessa sopravvivenza. Obama non ha scelto a caso l'Estonia come tappa di avvicinamento al cruciale vertice Nato che si terrà a Cardiff nel Galles domani e venerdì: l'Estonia - insieme con Lettonia, Lituania, Polonia e Germania - è uno dei cinque Paesi in cui si tengono a partire da ieri le esercitazioni militari che vanno sotto il nome di «Javelin Steadfast II», ovvero «punta di lancia».

Come ha spiegato nei giorni scorsi il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen, il nome indica il senso di queste manovre nell'est dell'Europa cui parteciperanno fino a lunedì prossimo centinaia di militari, veicoli ed aerei di dodici Paesi Nato (tra cui l'Italia con i parà della Folgore) oltre a Bosnia e Serbia in qualità di membri della Partnership for Peace: è l'anticipo di quella «Forza di reazione rapida» che dovrà essere «capace di viaggiare leggera e colpire duro», una struttura in grado di «reagire in tempi rapidissimi, con tempi di preavviso davvero minimi».

Inutile chiedersi verso chi queste punte di lancia saranno rivolte. Sono stati gli stessi Paesi baltici, oltre alla Polonia e alla Romania soprattutto, a insistere perché la Nato mostrasse concretamente a Vladimir Putin che troverebbe una reazione decisa qualora cercasse di replicare altrove lo stesso gioco applicato all'Ucraina: quello di sfruttare la presenza di minoranze russe per fomentare ribellioni e richieste di «aiuti fraterni» al Cremlino.

Le iniziative militari occidentali non si fermano qui. Nel fitto calendario di operazioni di addestramento che arriva fino al 2 ottobre sono previste anche le esercitazioni «Rapid Trident», che si terranno a Lviv nell'Ucraina occidentale dal 13 al 20 settembre con la partecipazione di una dozzina di nazioni. Dal 15 al 29 inoltre, «Loyal Lance» in Germania servirà a testare la catena di comando «nello scenario di intervento in base all'art. 5 (difesa collettiva) nei Paesi baltici». Si tratta di esercitazioni già previste prima dell'invasione della Crimea, ma sono state tutte allargate e passate sotto comando Nato.

La Russia reagisce con preoccupazione a tutto questo e annuncia che «presto la nostra dottrina militare dovrà essere rivista in conseguenza del deterioramento dei rapporti imposto dalla Nato». Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov aggiunge che la rilanciata ipotesi di un'adesione alla Nato dell'Ucraina «va contro una soluzione politica della crisi» e ha accusato l'Occidente di «incoraggiare il partito della guerra a Kiev».

Spirano insomma venti preoccupanti a Oriente.

E anche una storica voce della resistenza polacca all'oppressione sovietica, quella di Lech Walesa, si è fatta sentire per incitare l'Europa a non fornire armi a Kiev per una guerra sul suo suolo, ma a lavorare affinché «non si commettano pazzie».

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