Economia

Tutte le incognite del decreto salvabanche. Il salvataggio Montepaschi resta in alto mare

Provvedimento in dirittura di arrivo. Oltre a Mps, servirà da guida a altre banche

Tutte le incognite del decreto salvabanche. Il salvataggio Montepaschi resta in alto mare

Roma - Sono passate più di tre settimane dal varo del decreto salvarisparmio che consentirà di evitare il fallimento del Monte dei Paschi di Siena e il collasso del sistema bancario italiano, ma molti interrogativi restano ancora in piedi. Il principale riguarda la possibilità di tutela di obbligazionisti e correntisti degli istituti di credito che versano in condizioni di difficoltà, a partire da Veneto Banca, Popolare di Vicenza e Carige.

Partiamo dall'unica certezza. È in dirittura di arrivo il decreto del Tesoro che consentirà, grazie alla garanzia pubblica, a Mps di tornare sul mercato obbligazionario con un bond da 1,5-2 miliardi per rimborsare le prossime scadenze. Il testo dovrebbe essere varato prima della riunione del cda del Monte prevista per giovedì prossimo. La concessione della manleva pubblica sulle emissioni è subordinata all'approvazione di un nuovo piano industriale concordato con la Vigilanza della Bce e con la direzione generale della Concorrenza della Commissione Ue. Spetterà a Danièle Nouy e al commissario Margrethe Vestager vagliare il nuovo business plan. A questo proposito ieri in un incontro con i sindacati l'ad senese Marco Morelli ha specificato che la prossima settimana comincerà il confronto incrociato con Bruxelles e Francoforte, un dialogo supportato ovviamente dal governo.

La base di partenza sarà il vecchio piano industriale varato a fine ottobre ma che andrà modificato nei prossimi due mesi. Ovviamente gli interlocutori europei vorranno sapere nei minimi dettagli tutte le strategie per il ritorno alla redditività della banca e quanto il Tesoro intenderà restare come principale azionista. E qui si va per terra incognita: basta, infatti, riproporre gli interrogativi dei tecnici del Senato nella relazione al decreto per comprendere quanto i progressi siano stati finora limitati. In primo luogo i 6,7 miliardi che il Tesoro inietterà nella banca consentiranno di ristorare gli obbligazionisti subordinati? La direttiva europea prevede che essi siano coinvolti e che possano essere rimborsati se e solo se siano stati frodati nell'acquisto di quei prodotti finanziari. Padoan sul tema è stato abbastanza evasivo e la Commissione sembra intenzionata a far rispettare la legge. In secondo luogo, quante sono le banche in pericolo in caso di applicazione degli stesi parametri di Mps? O, detto in altri termini, basteranno i 20 miliardi stanziati dal governo? Anche su questo Padoan ha evitato di scendere in troppi dettagli.

L'incertezza, dunque, regna sovrana. Si può solo ipotizzare in base a quello che è stato il passato. Il fatto che tre delle quattro banche «risolte» (Etruria, Marche, CariFerrara e CariChieti) siano state cedute a Ubi a un euro a fronte di 6 miliardi di costi per il sistema bancario e per lo Stato significa che le sofferenze del sistema-Italia sono un problema complesso. La possibilità di una bad bank che compri tutto liberando il credito non piace all'Ue che metterà i bastoni fra le ruote.

È chiaro che se Mps fosse costretta a svendere le sofferenze, anche per le altre i problemi si aggraverebbero.

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