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"Tutte le sere i dipendenti scaricano attrezzi al deposito"

I commercianti della zona intorno alla proprietà confermano i movimenti quotidiani della ditta

"Tutte le sere i dipendenti scaricano attrezzi al deposito"

Mariglianella (Na) - Le case mal intonacate. Un'edicola della Madonna con il lumino acceso. La carcassa di un'auto spolpata. E, al termine di una strada sterrata con erbacce ai lati, quel cancello sprangato che immette nella proprietà dei Di Maio. Corso Umberto è a pochi metri, anche se per arrivarci si deve imboccare un vicolo stretto fra le palazzine tirate su senza troppi complimenti.

È l'itinerario obbligato percorso quotidianamente dagli operai che danno una mano a Di Maio senior nell'azienda di famiglia. O almeno questo è quello che sostengono i vicini, attori di una sorta di teatro all'aperto che si ripete tutti i giorni, sempre uguale. «Gli operai vengono al mattino presto - spiega Antonio che lavora nel minimarket di Corso Umberto, quasi davanti alla deviazione che porta ai terreni ora sotto l'occhio delle autorità amministrative. Antonio porta dentro e fuori mele e insalata, sistema le bancarelle esterne, ogni tanto recupera qualche pezzo caduto in strada o scherza con i ragazzini che vestono a tutte le ore rigorosamente la maglia del Napoli. E Antonio, che è più di una sentinella, sembra sincronizzato perfettamente con gli orari dell'impresa dei Di Maio: «Gli operai ritornano di solito alla fine della giornata, fra le diciassette e le diciotto. Il camion, il furgone bianco, s'infila in quel cancello, i ragazzi scaricano gli attrezzi del mestiere e lasciano il mezzo per l'indomani».

Insomma, par di capire, quello è il magazzino o, se si preferisce, il deposito della società. Anzi, i depositi dell'azienda. Un paio di casupole più che trasandate, appena oltre la barriera sulla destra, poi una sorta di costruzione più robusta, che in lontananza assomiglia a una villetta, laggiù in fondo. E forse un'altra sulla destra, seminascosta da un muretto che chiude la visuale. «Antonio Di Maio - riprende il factotum del minimarket mentre sposta l'ennesimo carico di frutta - viene spesso la sera, la settimana scorsa credo di averlo incrociato tutti i giorni. Dà una controllata, sistema le sue cose e se ne va». «Sì, la proprietà del signor Di Maio si anima nel tardo pomeriggio quando gli operai rientrano alla base», conferma Gennaro o' restauratore che ha la sua attività in fondo ad un vicoletto sul lato opposto di Corso Umberto.

Il copione è sempre lo stesso. Tutti hanno impresso nello specchietto retrovisore i passaggi di Di Maio padre e di quelli che tutti considerano i suoi collaboratori. Il furgone. I badili e i secchi. Gli attrezzi che compongono il paesaggio dell'edilizia, gli stessi sparsi in un'ordine dadaista che s'intravedono oltre il solito cancello. I gatti si arrampicano su cumuli di immondizia mai raccolta, un cane randagio, gonfalone immancabile di tanti paesi del Sud, gira fra le sterpaglie. Il rumore della strada si confonde con le grida dei ragazzini che giocano a pallone nel vicinissimo campo, sotto la luce dei riflettori. «Io il ministro qua non l'ho mai visto», confida la signora Adele che socchiude un uscio, dentro quel fazzoletto di porte e persiane. «Luigi qua non si vede, invece ho incontrato tante volte suo padre e gli operai. Ma non so quanti sono, vanno e vengono, io sono inguaiata con i figli e i nipoti. Ho lavorato tanto nella mia vita, nelle campagne, ma ora sto in casa. Non lavoro, non ho lavoro, qua sono tutti senza lavoro». In un comune dalla fisionomia sgraziata, come tanti altri dell'hinterland napoletano. Ottomila abitanti scarsi, schiacciati in tre chilometri quadrati.

La partita prosegue interminabile e rotola nella notte, come in un racconto di Soriano. I paesani, sempre assiepati davanti al solito market, commentano a tutto volume, come un coro greco: «La terra era del nonno, il padre ha costruito e ha chiesto il condono, ma il condono non c'è stato». Voci verosimili, come tutte quelle che serpeggiano nei borghi del paese. Chissà se vere o false come veleni: sarà l'indagine avviata dal Comune a dirlo. Il cancello resta chiuso.

Dall'alto le luci di un aereo che ha appena lasciato Capodichino tagliano la notte.

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