Cronache

Tutto dovuto, zero doveri: è il virus del "dirittismo"

Tutto dovuto, zero doveri: è il virus del "dirittismo"

Lo chiama, come fosse una malattia grave, il dirittismo. Che poi è la proliferazione dei diritti. Diritti sempre più soggettivi, impalpabili, inafferrabili. Il problema dell'Italia sembra oggi quello di spostare sempre più in là l'asticella. Pensiamo all'etica: alle nuove frontiere e alle nuove conquiste civili. Fragili, fragilissime ma rivestite dallo scudo luccicante e prometeico della tecnologia, della scienza, di un ottimismo candido e sciagurato, imbevuto com'è in un bagno di neopositivismo prêt à porter.

Siamo nei guai. Perché questa progressione inarrestabile ha scompaginato la società, ha svuotato con il cucchiaio della presunzione il sapere, cosi come lo conoscevamo da sempre, ha depauperato le élite, ha slabbrato i rapporti, nella perversa illusione che l'altra faccia dei diritti, e se vogliamo delle pretese, non siano i doveri, ma altri diritti, altre aspettative, altre bandiere da piantare. Siamo un Paese senza responsabilità e, va da sé, senza autorità perché le gerarchie sono saltate. A tutti i livelli: nell'accademia, nella scuola, nelle università, nella cabina di comando della politica, perfino nelle redazioni dei giornali.

È un saggio acuto e quasi un requiem per il Paese «Troppi diritti», Mondadori, di Alessandro Barbano, direttore di uno storico quotidiano come il Mattino di Napoli, dunque affacciato sul Meridione e su quelle terre ancora più esposte alla crisi economica, ma pure sociale e antropologica, di questi anni.

Attenzione: Barbano scrive un libro disincantato, a tratti disperato come una preghiera o una dichiarazione d'amore non corrisposta, ma non si imbozzola dentro una di quelle geremiadi care ai vecchi conservatori, chiusi nelle loro torri d'avorio.

Anzi. Nel testo ci sono spunti molteplici pescati dalla realtà quotidiana, o quasi, solo uniti con il filo di ferro di un pensiero profondo, dalle radici ben salde nell'humus di interminabili letture. E così, se si ha la pazienza di seguire l'autore, si osservano, come in un tour, scorci inediti e trasversali sul Paese. Sul suo motore immobile. Sulla sua classe dirigente. Sulle ideologie politicamente corrette che l'hanno anestetizzato. Senza dimenticare la rete, trasformata in un colossale vivaio impazzito, dove si alimenta l'arrogante ignoranza di oggi. È il miraggio della democrazia diretta: uno uguale uno.

Preludio perfetto, come si sa, per l'uomo solo al comando.

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