Cronache

Uccide pedone: indagata la figlia della Boccassini

Uccide pedone: indagata la figlia della Boccassini

Milano Un pedone investito da uno scooter sulle strisce, morto alcuni giorni dopo per le ferite riportate, e una persona indagata per omicidio stradale. Quest'ultima è Alice Nobili, 35enne figlia di due noti magistrati milanesi, Alberto Nobili e Ilda Boccassini. È stata lei a provocare lo scontro avvenuto intorno alle 19.30 del 3 ottobre scorso in viale Monte Nero, in una zona centrale della città.

A riportare la notizia, non trapelata in un primo momento, è stato il quotidiano Libero. La vittima si chiamava Luca Voltolin, medico infettivologo di 61 anni. Stava rientrando dopo aver fatto la spesa. Travolto dallo scooter, ha battuto la testa sull'asfalto. In ospedale è sopravvissuto solo sei giorni. Alice Nobili è stata denunciata a piede libero. Il fatto ha acceso un aspro scontro interno alla polizia locale. Nel mirino è finito il comandante Marco Ciacci, ex capo della polizia giudiziaria in Procura. Lo accusano il sindacato Usb dei vigili, con un comunicato, e su Facebook il «Comitato verità e giustizia per Antonio Barbato». Barbato è l'ex comandante dei vigili, rimosso e sostituito con Ciacci un anno fa per essere finito (non indagato) in una intercettazione ambientale agli atti di una inchiesta anti mafia coordinata proprio dall'allora capo della Dda Boccassini. Secondo Usb e Comitato, Ciacci sarebbe stato chiamato immediatamente e sarebbe intervenuto di persona sul luogo dell'incidente, prima dell'arrivo delle pattuglie. Avrebbe quindi gestito «in modo personalistico» i rilievi e le indagini. «Da fonti interne - accusa il gruppo a sostegno del vecchio comandante - abbiamo appreso che non sarebbe stato eseguito l'alcol test, cosa che di norma, anche se non obbligatorio, in incidenti del genere andrebbe fatto». L'iniziativa di Ciacci viene spiegata così: «È risaputo che ha collaborato con Ilda Boccassini per numerosi anni». E ha violato l'articolo 7 del Codice di comportamento che impone al dipendente pubblico di non intervenire in vicende che coinvolgano parenti, amici o «persone con cui abbia rapporti di frequentazione abituale».

Nel chiedere le dimissioni del comandante, si denuncia un secondo caso: «L'invio di ben sei pattuglie di polizia locale a casa del direttore generale del Comune che aveva subito un semplice furto».

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