Politica

Uccisa e gettata nel Po: giallo risolto, preso l'ex

Il delitto nel 2016: Franco Chignati era stato assessore e consigliere comunale a Chignolo

Lodi - L'ennesimo femminicidio, all'inizio cercato di far passare come una scomparsa volontaria. Ma la Procura di Lodi e i carabinieri hanno sempre indagato. È il maggio del 2016. Da Miradolo Terme scompare una badante quarantenne, Kruja Lavdije, generosa, bella, separata, madre di due figli. Era arrivata dall'Albania una decina di anni prima e si era inserita in Italia perfettamente: un lavoro e una casa comperata. Peccato si fosse messa con l'uomo sbagliato. Proprio quello che, dice l'inchiesta degli inquirenti, l'avrebbe uccisa. Lui si chiama Franco Maurizio Maria Vignati, ha 64 anni, è della vicina Chignolo Po, divorziato e per farla innamorare, nel 2015, gli fa una corte romantica, arrivando a lasciarle fiori sul parabrezza della sua auto, ogni mattina. Alla fine la conquista. Ma passa qualche mese e la storia finisce. Sei giorni dopo la donna scompare. Verrà ritrovata vicino a casa solo la sua auto abbandonata. Ma il procuratore di Lodi Domenico Chiaro vuole andare a fondo. Poi il ritrovamento del corpo e l'autopsia successiva fanno il resto. E ha spiegato, ieri, il pm:« È stata una vera e propria esecuzione». Già, perché secondo la ricostruzione degli inquirenti Vignati, ora accusato di omicidio premeditato e volontario aggravato dai futili motivi, l'ha prima attirata con la scusa di un nuovo remunerativo lavoro , nel Lodigiano, poi l'ha portata lungo il fiume Lambro e non appena lei ha capito che si trattava di una trappola e ha fatto per andarsene lui le avrebbe sparato un colpo alla nuca per poi gettarla in acqua sperando forse che la natura cancellasse ogni traccia.

Il cadavere della donna riaffiorò l'8 giugno 2016 nei pressi di una griglia sul Po, nel Piacentino. Vignati era stato per anni in politica a Chignolo Po, consigliere comunale e anche assessore alla Cultura. «Un personaggio, battagliero, un leone» lo definice chi lo ha conosciuto. Peccato che quando carabinieri di Stradella e i giornalisti fossero andati a trovarlo, già a giugno 2016, lui apparisse agitatissimo, fragile tanto da riuscire a fatica a stare in piedi. Il procuratore di Lodi lo dice apertamente: «Questo sarà un processo indiziario, l'uomo nega». Aggiungendo, però, subito dopo: «Noi gli indizi, li abbiamo tutti». Compreso l'esame dei Ros denominato «Tems» che ha localizzato tutti gli spostamenti di Vignati il giorno della scomparsa della vittima indicando agli inquirenti che quando fu uccisa lui non risultava lontano da lei. Per non parlare delle tracce di povere da sparo: per l'accusa, identiche su abiti che l'uomo ha cercato di lavare oltreché nell'auto dell'albanese. E poi c'è la pistola che ha sparato, arma che l'uomo era andato a prendere dalla ex moglie il 28 maggio 2016, per poi riportarla il 30 maggio.

Con tutto questo, Vignati appare disperato? Sì: per la sua posizione.

L'uomo, in ottima compagnia con protagonisti di fatti simili, si dichiara assolutamente innocente e ha già fatto ricorso in Cassazione (ricorso bocciato) per cercare di evitare il carcere.

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