Cronache

Uccisa dal padre e dal fratello Ma Sana non avrà giustizia

La 25enne strozzata perché rifiutava le nozze combinate Irreperibili i parenti accusati di omicidio. Processo a rischio

Uccisa dal padre e dal fratello Ma Sana non avrà giustizia

Brescia L'efferato delitto di Sana Cheema, la 25enne bresciana uccisa per essersi ribellata al matrimonio combinato in Pakistan, rischia di restare senza un colpevole. Gli indagati, infatti, sembrano scomparsi e così il processo in Italia potrebbe non partire.

Dopo aver incassato l'assoluzione in Pakistan per mancanza di prove certe, il padre e il fratello di Sana ora non sono reperibili per la giustizia italiana. All'inizio dell'anno la Procura generale, guidata da Pier Luigi Maria Dell'Osso aveva avocato l'inchiesta, ma i due indagati - il padre 50enne Mustafa Gulham e il fratello 32enne Adnan - oggi non si trovano.

Un terzo assassinio a distanza di quasi due anni, dopo quello vero, fisico e cruento e dopo l'assoluzione nel processo pakistano. È il 18 aprile del 2018 quando Sana - che era con la famiglia in vacanza - viene uccisa nella città di Mangowal Gharbi, nel distretto di Gujrat. Viene sepolta in un luogo diverso dalla tomba di famiglia in gran segreto mentre nessuno, al momento del decesso, aveva presentato denuncia. Il mondo viene a sapere della sua morte soltanto dopo tre giorni, grazie ad un'inchiesta pubblicata dal Giornale di Brescia.

A seguito delle pressioni dell'ambasciata italiana a Islamabad, finalmente aveva avuto una svolta con il fermo di cinque persone: oltre al padre e al fratello, anche lo zio Iqbal Mazhar, il cugino che avrebbe fatto da autista durante il trasporto del cadavere e il medico che aveva firmato un falso certificato di morte. Tre di loro padre, fratello e zio erano stati arrestati mentre fuggivano verso l'Iran.

Ad incastrare la famiglia Cheema sarebbe stato proprio un certificato medico contraffatto, falsificato con i dati di Sana e con la dicitura «morta per arresto cardiocircolatorio in seguito a un malore». Il padre aveva spiegato che la giovane era morta per un malore, forse un infarto. A partire da quegli elementi erano cominciate le indagini degli inquirenti pakistani, mentre l'autopsia del maggio successivo svelò una volta per tutte i sospetti più atroci: la morte della 25enne era stata causata da strangolamento. Fu accertato che le era stato rotto l'osso del collo. Il motivo dell'omicidio sarebbe stato il rifiuto di un matrimonio combinato con un giovane del paese da parte di Sana, che amava, condivideva e sentiva propri usi e costumi occidentali.

Proprio il giorno successivo alla sua morte, il 19 aprile del 2018, Sana avrebbe dovuto tornare nella sua Brescia, dove aveva una vita fatta di interessi, amici ed esperienze. Proprio lì aveva ottenuto la cittadinanza italiana. Ma sole 24 ore prima è rimasta vittima della barbara pratica del «delitto d'onore» nel suo Paese d'origine.

Un delitto che ancora oggi non ha un autore e che rischia di finire nel calderone delle ingiustizie della nostra storia.

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