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Ultima chance per la bad bank E Padoan alza la voce con la Bce

Nuovo round fra gli sherpa del Tesoro e di Bruxelles, martedì il summit decisivo. Il ministro: "L'Eurotower sottostima gli equivoci dei suoi test"

Ultima chance per la bad bank E Padoan alza la voce con la Bce

Stretta finale per la bad bank. Anche se non è indispensabile. E comunque se non si è fatta prima, la colpa è dei governi precedenti. Sono questi gli ultimi messaggi arrivati da Palazzo Chigi e dal Tesoro sul progetto della banca spazzina che dovrebbe servire per fare pulizia nei bilanci degli istituti italiani acquistandone una parte dei prestiti impossibili da recuperare. Sul tavolo, la nuova proposta italiana che prevede la creazione di tante piccole bad bank, veicoli speciali destinati a gestire le cartolarizzazioni: emissioni di bond con sottostante i crediti in sofferenza. «Siamo in una fase di trattative intense» e lo stato dell'arte «è buono», ha detto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan a Davos. Di certo, ieri pomeriggio si è tenuta una riunione in teleconferenza fra gli sherpa del Tesoro e Bankitalia con quelli della Commissione Ue per quella che viene ritenuto l'ultimo round del negoziato che si trascina da un anno sul modo in cui saranno gestiti i 201 miliardi di crediti in sofferenza delle banche italiane, che nei bilanci sono stati svalutati del 43 per cento. Dopo il confronto tecnico, per martedì è fissato l'incontro politico tra Padoan e la responsabile della Concorrenza Ue, Margrethe Vestager. Il nodo da sciogliere riguarda le condizioni delle garanzie pubbliche, che secondo Bruxelles devono essere in linea con quelle di mercato altrimenti scatterà il cartellino rosso contro gli aiuti di Stato. O la va o la spacca? La mina dei crediti deteriorati fa paura alla Borsa, ma secondo Padoan la colpa delle turbolenze va imputata anche al questionario inviato da Francoforte alle banche italiane: «Forse c'è ancora bisogno di comprendere cosa significa quando un'istituzione non mette pienamente in conto le implicazioni di un'interpretazione alla lettera» di semplici istruzioni alle banche». Quanto a Renzi, in un'intervista radiofonica ha detto che «la bad bank non è il tema cruciale» perché «il sistema nel suo complesso è solido». Secondo alcuni osservatori il premier getta preventivamente acqua sul fuoco in vista di un probabile insuccesso dei negoziati su un progetto che sarebbe stato meglio varare prima delle nuove regole europee sul bail in scattate a gennaio. «L'avrebbero dovuta fare i governi allora in carica», ha intanto detto Padoan rispondendo a una domanda arrivata dalla platea di Davos. In effetti a rilanciare la bad bank, nell'ottobre del 2013, era stato anche l'ex premier Romano Prodi con l'idea era creare una sorta Cassa Depositi e Prestiti finalizzata al credito alle imprese, una soluzione per rimodellare il sistema bancario italiano e fare proprio il soggetto referente per le aziende. Una soluzione che però era rimasta lettera morta. Sia per le resistenze del Tesoro, allora guidato da Fabrizio Saccomanni, sia per quelle delle singole banche: nessuno voleva fare il primo passo comunicando al mercato di avere un problema. E alcune avevano fatto subito muro per paura di dover cedere i crediti in sofferenza a prezzi molto bassi preferendo dunque aspettare che ripartisse il mercato privato della cartolarizzazione dei crediti. Ma così non è stato. E anzi, con il passare dei mesi, la situazione si è aggravata. Nemmeno il governo Renzi è però riuscito a presentare un piano credibile a Bruxelles. Colpa anche, riferiscono fonti finanziarie al Giornale, di forti resistenze arrivate dal territorio per il timore che le cartolarizzazioni dei crediti tossici potessero far affiorare il nome di quelle imprese insolventi creando più di un imbarazzo sia per le aziende sia per i manager che hanno approvato in passato i finanziamenti a imprenditori amici nonostante le scarse garanzie di rimborso.

Etruria docet.

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