Politica

Utero in affitto, l'Ue dice no «Serve il legame biologico»

Strasburgo boccia la maternità surrogata: negato il bimbo alla coppia che lo comprò in Russia

Francesca Angeli

Roma I figli non si comprano e il corpo delle donne non può essere affittato. I giudici della Grand Chamber di Strasburgo con sentenza definitiva affermano che «una coppia non può riconoscere un figlio come suo se il bimbo è stato generato senza alcun legame biologico con i due aspiranti genitori e grazie ad una madre surrogata», ribaltando così la pronuncia emessa un anno fa dalla stessa Corte dei diritti umani in prima istanza.

La vicenda, molto complessa, riguarda una coppia di Colletorto, Campobasso, che non riusciva ad avere figli e per questo andò in Russia dove la pratica dell'utero in affitto è legale. I due aspiranti genitori stipularono un contratto con una madre surrogata che per 50.000 euro accettò di farsi impiantare il seme dell'uomo per portare avanti la gravidanza e partorire un figlio poi affidato alla coppia. Una volta nato il bimbo è stato registrato in Russia come figlio della coppia. Ma in Italia, dove la maternità surrogata, è illegale la vicenda finì sul tavolo del Tribunale dei minori che decise di togliere il bambino alla coppia, dandolo in adozione. Non solo. Nel corso delle indagini emerse pare che in effetti il bimbo non aveva alcun legame genetico con la coppia. Per l'inseminazione non era stato usato il seme dell'uomo, dunque la coppia sarebbe stata ingannata dalla clinica russa che eseguì la fecondazione e proprio per questo non esiste alcun legame biologico tra la coppia e il bambino.

Di fronte alla decisione dei magistrati italiani di togliere loro il bimbo la coppia decise di ricorrere a Strasburgo che in primo grado accolse il ricorso, condannando l'Italia a risarcire i coniugi per danni morali ma non a restituire il bambino. Il piccolo infatti dal 2013 vive con la famiglia che lo ha adottato. Ora a distanza di un anno la sentenza di Strasburgo va oltre, rigettando in blocco il ricorso.

La Corte infatti ha stabilito che la decisione dei giudici italiani non viola l'articolo 8 della Carta dei diritti dell'uomo, quello al diritto al rispetto per la vita privata e familiare: «vista l'assenza di qualsiasi legame biologico tra il bambino e i ricorrenti, la breve durata della loro relazione con il bimbo e la mancanza di certezze circa i legami tra di loro dal punto di vista legale». Insomma di fatto non esiste alcun legame di tipo familiare «tra i ricorrenti e il bambino». Per la Corte infine è diritto proprio ed esclusivo dello Stato riconoscere una relazione legale genitori-figli con il fine primario «di proteggere i bambini».

Questa sentenza non comunque non stupisce. L'orientamento dell'Europa nei confronti dell'utero in affitto era già apparso chiaro in una pronuncia della Plenaria di Strasburgo alla fine del 2015. La maternità surrogata, si diceva nel documento, «compromette la dignità umana della donna dal momento che il suo corpo e le sue funzioni riproduttive sono usati come una merce».

Nel mirino «la gestazione surrogata che prevede lo sfruttamento riproduttivo e l'uso del corpo umano per un ritorno economico» che deve «essere proibita e trattata come questione urgente negli strumenti per i diritti umani».

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