Politica

Vecchioni le «canta» ai siciliani

Ospite dell'università di Palermo attacca con parole dure vizi degli isolani difficili da negare. Ed è rivolta

di Stefano ZurloNon è venuto per intonare melodie ma per scaricare invettive. Solo che i siciliani, seduti nell'aula magna della facoltà di Ingegneria di Palermo, non lo sanno. E battono le mani, fiduciosi. Lui li trafigge in contropiede: «La Sicilia è un'isola di merda». Boom. In platea restano allibiti, le facce su accartocciano, le dita inneggianti si chiudono nel pugno rabbioso. Roberto Vecchioni, cantautore celeberrimo, milanese che più ambrosiano non si può, non se la cava con un titolo a effetto. No, prima consegna uno spartito di guerra: «Credete che sia venuto qua per sviolinare?», poi motiva e dettaglia descrivendo un quadretto impietoso, mentre la gente si alza e se ne va e sul web già infuria la polemica. «Arrivo in città spiega l'artista e praticamente ci sono 400 persone su 200 senza casco». il pubblico lo guarda torvo, lui è già passato alla frustata numero due: «In tutti i posti ci sono tre file di macchine in mezzo alla strada e si passa con fatica».Alzi la mano chi non ha visto qualcosa del genere a quelle latitudini e non condivide queste sciabolate. Pare di sentire i barbari con gli elmi e le corna che calpestavano agli inizi del Carroccio il prato di Pontida, ma Vecchioni, il professor Vecchioni, è un intellettuale di sinistra, sta dalla parte politicamente corretta e ha pure benedetto con le sue note l'elezione di Giuliano Pisapia a sindaco e la vittoria del movimento arancione.Non importa. Lui tira dritto, sfida la retorica dei luoghi comuni, dice quel che pensa con la delicatezza di un pugno in faccia: «Questo significa che tu prosegue inarrestabile rivolgendosi a un ipotetico siciliano medio non hai capito cosa è il senso dell'esistenza con gli altri». Altro che sfogo, quella di Vecchioni è un'analisi lucida e spietata, lontana dalle cartoline oleografiche, dai convegni intinti nello zucchero a velo dell'ottimismo, dalle convenzioni del galateo istituzionale. «È inutile che ti mascheri dietro il fatto che hai il mare più bello del mondo. Non basta. Sei un'isola di merda». Ecco, le parole incriminate arrivano dopo un crescendo che si potrebbe definire rossiniano. Previste. Logiche. Consequenziali.In sala e in rete su scatena la protesta. L'aula si svuota, qualcuno rumoreggia, i volti assumono profili cupi: chi era venuto per un selfie con il mito della canzone italiana, con il poeta di Luci a San Siro, deve battere in ritirata. E i colpi arrivano pure sulle spalle di chi sta lasciando in fretta e furia quel luogo: «Non amo la Sicilia che butta via la sua intelligenza e la sua cultura. Che quando vado a vedere Segesta e Selinunte non c'è nessuno».Ancora una volta la memoria può soccorrere il lettore: alzi la mano chi non ha pensato le stesse cose, vagando fra gli antichi templi puntellati, le chiese meravigliose e abbandonate, i siti archeologici immersi nel silenzio.Il graffio diventa un'artigliata: «Dovrei dire che siete la culla della Magna Grecia? Ma la storia antica, la poesia antica, la filosofia antica hanno insegnato a tutto il mondo cosa è l'originalità della vita. Questo in Sicilia non c'è». L'affondo si fa feroce, senza nemmeno un briciolo di diplomazia o di luce in fondo al disastro. Dopo un'ora scarsa, l'incontro è finito e sepolto. Il web invece si divide: «Ci mancava solo il cantautore che insulta», s'indigna qualcuno. Altri la vedono diversamente e apprezzano il coraggio abrasivo: «Vecchioni ha perfettamente ragione». Il sottosegretario allo sviluppo economico Simona Vicari è tranchant: «Sproloqui contro uno dei fari della civiltà mediterranea». Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando non si offende: «Roberto conferma di essere un grande amico dei siciliani. Con le sue parole ci ricorda che meritiamo molto di più e di meglio di oggi». Ma c'è anche chi fiuta un improbabile complotto e intravede la voglia di vendetta del cantante che, nel lontano 1979, fu arrestato proprio dalla magistratura siciliana per spaccio di sostanze stupefacenti.

Un modo comodo per non sentire la ferita che brucia.

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