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La vedova del macellaio ucciso dai clandestini: «Con noi Stato assente»

Nel 2014 Pietro Raccagni venne ucciso da una banda dell'Est: «Per me zero solidarietà»

La vedova del macellaio ucciso dai clandestini: «Con noi Stato assente»

Buonismo di Stato. Passerella. Opportunismo politico. Strumentalizzazione. Chiamatela come volete la corsa delle alte cariche dello Stato verso la prima fila ai funerali di Emmanuel Chidi Nnmadi, il nigeriano morto a Fermo dopo una lite con un ultrà locale.

C'erano tutti: Laura Boldrini, Maria Elena Boschi e Cecile Kyenge. Angelino Alfano è andato il giorno dopo la tragedia, quando ancora si sapeva poco o nulla della dinamica. Matteo Renzi ha twittato, assicurando che l'Italia non lascerà sola Chinyery, la vedova. Giusto. Giustissimo: ogni tragedia merita rispetto.

O forse no. Venerdì scorso, infatti, non era un giorno qualsiasi: nella notte dell'8 luglio di due anni fa, a Pontoglio, quattro albanesi clandestini entrarono nella casa del macellaio Pietro Raccagni e della moglie Federica, per rubare. Pietro li scoprì, loro lo colpirono con una bottiglia e lo uccisero. Una dinamica simile a quella che ha portato alla morte del nigeriano a Fermo: dopo il colpo in fronte, «cadde, picchiando violentemente la testa». Morirà dopo undici giorni di agonia. Federica ricorda ancora con dolore quel giorno. La morte del marito, i funerali e l'assenza dello Stato. Sì, l'assenza. Perché né il ministro dell'Interno, né Renzi, né l'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano andarono ai funerali di Pietro. Non c'era Maria Elena Boschi. Non c'era Cecile Kyenge a dichiarare che la clandestinità può portare alla malavita e la malavita distrugge la vita degli italiani. Non c'era Laura Boldrini al fianco di Federica, a rincuorarla, a dirle che lo Stato è con lei.

Per questo ora si sente discriminata, si sente meno importate della coppia di nigeriani. «Io sono vicina a Emmanuel e alla moglie - dice in un video - perché conosco il dolore e cosa vuol dire un atto di violenza. Ma quello che mi ha colpito più di tutto è stata la solidarietà del governo nei confronti della vedova. Una solidarietà che io non ho ricevuto. Per lei si è mosso Alfano, il presidente della Repubblica ha speso belle parole nei suoi confronti. Renzi ha detto di non abbandonarla. Ecco: volevo denunciare che io tutte queste attenzioni non le ho avute».

Federica è come se non esistesse agli occhi dello Stato. Nessuna pacca sulla spalla. Anzi: solo quella fitta quotidiana di sapere gli assassini condannati ad appena 10 anni di carcere per omicidio preterintenzionale. «Si parla di discriminazione razziale - attacca Federica -: penso di averla ricevuta io la discriminazione. Perché ci sono vedove di serie A e vedove di serie B. Ci sono vittime di serie A e vittime di serie B. Mio marito era una persona onesta, un marito esemplare, un padre esemplare, un cittadino onesto che ha sempre pagato le tasse. Era un uomo giusto e non ha ricevuto tutte queste considerazioni dallo Stato. Nonostante i miei richiami, nonostante io abbia fatto di tutto in questi due anni per sensibilizzare il governo».

I familiari e gli amici di Pietro dovettero addirittura scrivere una lettera a Renzi per farsi ascoltare. «Non sono stata tutelata prima e non sono stata tutelata dopo - conclude Federica - Che l'esecutivo si sia mosso per la vedova di Emmanuel va benissimo. Ma deve muoversi per tutti. Perché io in questi due anni ho conosciuto moltissimi italiani che hanno subito aggressioni e nessuno si è interessato di loro. E questo non è giusto. Io voglio attenzioni. Io voglio che il governo ci tuteli.

Si devono rendere conto che ci siamo anche noi italiani».

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