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Vendetta della Turchia: "Europa e migranti accordi da rivedere"

Sale il livello dello scontro, Erdogan minaccia ancora. Bruxelles sa solo chiedere toni bassi

Vendetta della Turchia: "Europa e migranti accordi da rivedere"

La Turchia ruggisce e minaccia, ma la commissaria europea per la Politica estera Federica Mogherini risponde con un sommesso miagolio. La debolezza di un'Unione europea palesemente incapace di farsi rispettare e arginare l'arroganza del presidente turco Recep Tayyp Erdogan emerge ora in tutta evidenza. Nonostante gli intollerabili insulti di Erdogan a un'Olanda definita una «repubblica delle banane» e un «rimasuglio del nazismo», nonostante l'arrogante pretesa di alcuni suoi ministri di violare i confini nazionali europei, nonostante il tentativo usare gli immigrati turchi alla stregua di cavalli di Troia per seminare disordini nelle capitali della Ue, la Mogherini non riesce a far di meglio che firmare un comunicato in cui invita - senza neppure menzionare Ankara o Erdogan - «ad astenersi da dichiarazioni e reazioni eccessive». Un comunicato che sembra, a fronte di cotanta virulenza turca, il tentativo di fermare una muta di cani rabbiosi con un spruzzata d'elisir alla camomilla.

E, infatti, al balbettio della Mogherini fa seguito la nuova accusa di Erdogan: «Signora Merkel perché nascondete i terroristi nel vostro Paese? Voi li sostenete» riferendosi al dossier inviato da Ankara con i nomi di 4.500 sospettati. Poi la zampata del ministro turco per gli Affari europei Omar Celik prontissimo ad adombrare la cancellazione dell'accordo sul blocco del transito dei migranti in cambio dei sei miliardi. «Secondo me la questione dei passaggi via terra deve essere rivista» dichiara Celik, facendo intendere che i controlli alle frontiere con Bulgaria e Grecia potrebbero venir sospesi. La sortita fa anche capire come l'avvertimento - formulato dalla Mogherini in un altro passaggio del suo comunicato - di «valutare il risultato del referendum del 16 aprile alla luce degli obblighi assunti in qualità di candidato all'Europa» sia ormai un'arma inutile e spuntata. Il ricatto di Celik rivela la vera natura di una Turchia ormai assolutamente disinteressata ad entrare in Europa e decisa, anzi, a dichiararle una vera e propria guerra.

Una guerra subdola e silenziosa giocata con la minaccia di un'invasione affidata non a soldati e carri armati, ma a quell'invincibile armata di migranti a cui l'Unione ha già dimostrato di non sapersi opporre. Un'armata a maggioranza islamica a cui Erdogan, investito di nuovi poteri grazie al referendum presidenziale, potrà rivolgersi come un risorto Califfo transnazionale. Un Califfo interprete, al pari dei predecessori ottomani, dei voleri e dei desideri dell'«umma» (comunità) islamica. Un Califfo che già oggi si esprime con toni non da alleato della Nato o da candidato all'Unione, ma come sovrano di una potenza nemica. «Pagheranno il prezzo per il trattamento inflitto in modo sfacciato ai miei concittadini e al mio ministro degli Esteri. L'Occidente tuona il presidente turco, annunciando l'intenzione di presentarsi personalmente in Europa per tenere una serie di comizi -, ha esibito il suo vero volto offrendo una lampante dimostrazione di islamofobia».

Dichiarazioni a cui s'aggiungono quelle del ministro degli esteri Mevlut Cavusoglu che definisce l'Olanda un paese guidato un «governo fascista». Ma mentre la provocazione turca si rafforza e Ankara convoca l'incaricato d'affari olandese per consegnarli una nota di protesta simile nei toni a una dichiarazione di guerra, gli unici pronti a far muro davanti alla tentennante Europa sembrano essere il premier olandese Mark Rutte e la Germania di una Angela Merkel prontissima a garantirgli «pieno appoggio e solidarietà». L'apparente risolutezza nasconde, però, il coraggio peloso di chi si sforza di fronteggiare l'arroganza turca per evitare guai peggiori sul fronte interno. Dietro la decisione di Rutte di rispondere a testa alta alle provocazioni di Erdogan si cela il terrore di uscir sconfitto dal voto di domani per il rinnovo del parlamento. Un voto su cui s'allunga l'ombra minacciosa di Geert Wilders, il leader della destra euroscettica balzato in testa ai sondaggi grazie alle continue esternazioni anti-Islam, anti-Unione e anti-migranti.

Un terrore condiviso da una Merkel preoccupatissima, pure lei, di venir travolta dall'avanzata euroscettica alle elezioni del prossimo autunno.

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