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La vera partita è l'Iva Roma non arretra sulle pretese del Nord

Le Regioni: una parte dell'imposta vada a noi Il nodo dell'aliquota che cala se sale il gettito

La vera partita è l'Iva Roma non arretra sulle pretese del Nord

È un braccio di ferro iniziato una decina di anni fa quando, visto il fallimento di fatto della riforma del titolo V della Costituzione voluto dal centrosinistra, i governatori del Nord chiesero con forza la compartecipazione ai tributi erariali secondo un principio caro al federalismo made in Italy: le nuove funzioni attribuite alle Regioni devono essere compensate dal versamento di una quota delle imposte nazionali a favore delle autonomie locali. Non le addizionali locali - che sono già in vigore e pesano sui contribuenti - ma una parte di gettito nazionale che passa dal Tesoro alle casse delle Regioni.

Al di la delle schermaglie di questi giorni, i nodi restano gli stessi del decennio precedente. Intanto la perequazione, cioè come compensare le Regioni meno ricche (quindi quelle del Sud). Poi la scelta di quale imposta versare alle regioni e in quale misura.

A tenere banco nelle ultime ore è stata l'Iva. L'idea ultra federalista sarebbe quella di finanziare le autonomie locali con l'imposta sul valore aggiunto, come succede negli Stati Uniti con la sales tax che è totalmente affidata ai singoli Stati. La versione italiana è meno drastica e prevede appunto un' aliquota di compartecipazione, cioè destinare alle Regioni una parte del gettito dell'Iva.

Sul principio governo di Roma e governatori del Nord sono più o meno d'accordo, ma già da qualche mese la trattativa si è impantanata sull'eventuale gettito aggiuntivo. Se l'aliquota è fissa, con l'aumento della base imponibile (perché crescono i consumi o perché viene recuperata evasione), le Regioni si ritroverebbero con più entrate, a parità di funzioni devolute. L'alternativa è un'aliquota variabile, che diminuisca quando aumenta il gettito. Ipotesi che non piace ai governatori.

Non è un caso che questo sia uno dei punti sui quali i governatori Zaia e Fontana stanno puntando i piedi. Il gettito da Iva, anche in questi anni di crisi e consumi in ritirata, è aumentato costantemente. Dai 129,5 miliardi del 2017 ai circa 140 miliardi del 2019. Per il 2020 è previsto un balzo a 167 a causa degli aumenti Iva indicati nelle clausole di salvaguardia. Ma anche senza questi, il gettito è destinato ad aumentare. Non è un caso che l'Iva faccia gola anche alle istituzioni europee. Intanto per blindare i conti italiani. A Bruxelles prevale ancora l'idea che l'Italia dovrebbe fare scattare gli aumenti previsti per il prossimo anno, almeno in parte. Al ministero dell'Economia l'ipotesi è sul tavolo, ma il ministro non avrà mai il via libera politico.

L'altra ipotesi è quella di una compartecipazione sul gettito Irpef, sempre a fronte di compiti che passano dallo Stato alle regioni. Anche in questo caso l'eventuale extragettito è l'oggetto della trattativa sull'autonomia.

Per i governatori vale comunque il principio che una quota fissa debba andare alle Regioni. Per il governo, in particolare per il M5s di Luigi Di Maio, dovrebbe invece finanziare il fondo di perequazione, cioè le risorse per le Regioni del Sud, con un gettito fiscale minore.

Su questo tema Matteo Salvini si gioca il consenso del Nord, in particolare quello delle imprese delle Regioni settentrionali, già messo alla prova dall'alleanza con i Cinquestelle.

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