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Le verità di Briatore: "È la ricchezza il motore del progresso"

L'imprenditore: «Basta pregiudizi su chi ha i soldi. Non conosco poveri che creano lavoro»

Le verità di Briatore: "È la ricchezza il motore del progresso"

Milano - Valerio Staffelli gli consegna l'immancabile tapiro, poi finalmente si comincia. Flavio Briatore lascia la parola al grande Indro Montanelli che davanti a un piatto di pasta e fagioli gli confidò: «In America se c'è una bella macchina in strada, tutti vorrebbero comprarla. In Italia invece la gente è pronta a rigarla e a tagliargli le gomme». Poi l'imprenditore dà una gomitata ai ricordi e irrompe nel presente. Con ironia feroce: «A New York si respira un clima di competition, da noi in Puglia abbracciano gli ulivi».

La saletta della Mondadori con vista sulle guglie del Duomo è strapiena. Si presenta il libro dal titolo ingombrante, Sulla ricchezza, Sperling & Kupfer, scritto a quattro mani con Carmelo Abbate, giornalista di Panorama e volto televisivo. A moderare i due autori c'è Nicola Porro che parte da una frase controcorrente del testo: «Bisogna prendere tutti i pregiudizi sui ricchi e la ricchezza e accendere un bel falò». Briatore replica saccheggiando la propria biografia: «Io da ragazzo non potevo permettermi di acquistare una bicicletta. Questa condizione mi stava stretta, è stata la molla del cambiamento. Un giorno con gli amici andammo a Montecarlo a vedere le barche dei ricchi che allora erano lunghe 20 metri e ci sembravano l'Andrea Doria. Ma quei signori che scendevano dalle scalette erano meno belli di noi. Noi eravamo pure più magri e mi chiedevo: ma perchè non posso essere come loro?»

Il problema è che il talento, il rischio, talvolta l'azzardo generano benessere, occupazione, opportunità. Ruvido come sempre, Briatore procede per flash: «Mai visto un povero creare posti di lavoro. Qui invece si pensa che la sera io passi il tempo a fare un tubo, invece ho la consapevolezza che da me, dalla mia genialità, dal mio impegno dipendono tante famiglie, tanti padri e madri, il futuro dei loro figli. Solo in Sardegna abbiamo 150 dipendenti. Ne parlavo con mia moglie». Elisabetta Gregoraci, seduta in seconda fila con il piccolo Nathan Falco. Vicino al direttore del Giornale, Alessandro Sallusti.

Eccolo il punto nevralgico del libro e del personaggio Briatore: la ricchezza è e dev'essere contagiosa. Forse è un privilegio, ma è anche una responsabilità. E se fosse messa come il sale sulla nostra mediocrità nazionale, potrebbe dare all'Italia quella marcia in più che le manca. «Io non capisco i nostri connazionali - la prende lui da lontano - manifestano per Grillo, per questo e quello ma non per loro stessi. Sembrano rassegnati al loro declino e questo non lo sopporto perché siamo seduti su un patrimonio strepitoso, abbiamo, anzi avremmo la possibilità di trasformare la nostra bellezza in business, invece non si muove niente. Si continua a pensare che chi ha fatto i soldi sia un evasore fiscale, si continua a pensare che il turista a cinque stelle sia un intruso, si sprecano i tesori di cui disponiamo». Di nuovo fa capolino il Briatore impietoso, ma si capisce che alla fine il suo è il grido di dolore di una persona innamorata del suo Paese. Lui è già oltre. Immarcabile: «Ma perché per vedere un museo devo stare in coda dietro un tizio che ha le treccine, il sacco a pelo e niente da fare? Io voglio una corsia preferenziale. Come in America. Se arrivo davanti al Grand Canyon io prendo l'ascensore e in un quarto d'ora vedo quello che il tizio con lo zaino contempla in sei mesi».

La morale è chiara: «I turisti a cinque stelle vogliono le infrastrutture, gli aeroporti, i servizi». Invece ritorna quell'immagine ossessiva: «In Puglia abbracciano gli ulivi». E manifestano per non farli toccare.

Porro insiste cercando il profilo del miliardario che potrebbe pure dare una spinta, fra una vacanza e un brunch, al nostro asfittico sistema. Lui tratteggia subito: «L'altro giorno a Montecarlo, in un mio locale, c'erano 11 persone. Hanno speso 25 mila euro e hanno lasciato una mancia di 5 mila euro. Normale». In sala è tutto un mormorio specie fra i molti giovani stipati ovunque. Lui chiude alla grande: «E quei signori se devono andare dall'aeroporto di Nizza a Montecarlo prendono l'elicottero. Come il sottoscritto che non ha tempo da perdere come voi».

Ovazione e selfie sono di rigore.

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