Cronache

Viaggio nella metro, ventre marcio di Roma

Ascensori e scale mobili guasti, bande di borseggiatori, temperature da incubo

Viaggio nella metro, ventre marcio di Roma

La pancia di Roma è l'inferno. Ribolle una folla spropositata che formicola nel luogo dove non arriva nessuna bellezza, su convogli stipati che avanzano come rinoceronti ammalati, lenti, lungo tunnel neri, su rotaie cucite come ferite rattoppate, e più su, arrampicandosi su scale mobili spesso ferme, quindi inutili, come inutile e mortale è l'ascensore della fermata Furio Camillo in cui è morto un bambino di quattro anni precipitato da un ascensore.

La metropolitana raccoglie tutto quello che di Roma non si vede in superficie, le interiora fradice, sporche, svelate da una morte che nessun lutto cittadino proclamato da un sindaco sempre più «vergognoso», come grida Maria Teresa, una donna del quartiere seduta a gambe incrociate sull'asfalto rovente accanto ai fiori e alle candele di Padre Pio, potrà mai riparare. La pancia di Roma è più marcia dei suoi palazzi. Le linee metropolitane si bloccano al ritmo di un guasto alla settimana: l'1 luglio la metro B, il 29 giugno ancora la B, il 5 giugno il tamponamento tra due convogli con decine di feriti. La linea C, aperta solo per metà con dieci anni di ritardo, è fuori norma secondo un dossier del Campidoglio. E poi gli scioperi bianchi, i treni che in sette punti della città devono procedere a un massimo di venti chilometri all'ora. La procura capitolina ha iscritto tre persone nel registro degli indagati per la morte del bambino, con l'accusa di omicidio colposo e concorso: il dipendente dell'Atac che ha provato a compiere la manovra di emergenza dopo il blocco dell'ascensore e due vigilantes.

Eccoli gli ascensori gemelli di Furio Camillo: uno attaccato all'altro. Quasi attaccati. Il bambino è morto non nell'elevatore, ma nello spiraglio di luce tra uno e l'altro, pensando di uscire finalmente all'aria. Gli ascensori sono circondati da specchi sporchi dove i bambini si guardano prima di entrare nei tornelli. In superficie, fuori dalla cabina della scatola maledetta, una folla si raduna per tutta la giornata. A destra c'è il negozio Bimbo Shoes, decine di scarpette esposte in vetrina. Un vecchio porta un mazzolino di rose bianche.

Arrivare fin qui è un viaggio tra lamiere che soffocano. Tra le fermate Repubblica a Termini il treno procede a venti chilometri all'ora. Le carrozze sono affollatissime già alle quattro e mezzo del pomeriggio. Di punti così, in cui i treni procedono a lumaca, ce ne sono sette. Sono tratti in cui il binario rotto è stato sostituito con un giunto provvisorio. A Termini i convogli si svuotano e si riempiono di nuovo come se le persone fossero soffiate all'interno dal vento, rimbalzate dalla pressione della folla su una banchina incapace di contenere tutti. Entrambe le scale mobili di risalita sono rotte. Un cartello segnala lavori in corso. Dietro la rete, un cumulo di cubi di cemento.

Termini è un alveare di tossicodipendenti appollaiati sulle scale di risalita, zingare, giovani di colore, anche giovanissimi, che aspettano un'occasione, e poi l'immensa folla dei turisti. Basta farsi trascinare per tornare ancora sotto, nella pancia malata. Succede per la seconda volta: il treno marcia lentissimo tra la stazione e la fermata di piazza Vittorio, e ancora, tra San Giovanni e Re di Roma. Eppure questa linea è in ristrutturazione e da fine aprile, il servizio sospende tutte le sere, tranne i fine settimana, già alle 21.30.

A Piramide, linea B, la scala mobile è ancora rotta, il trenino per il Lido di Ostia da settimane si stacca dalla stazione con un tempo raddoppiato. «Se dice bene dovrebbe arrivà tra venti minuti, se dice bene», spiega un addetto alla sicurezza alla fermata Ostia Stella Polare. Alle sue spalle scavalca i tornelli una massa di gente: vecchi, donne, bambini. La biglietteria è chiusa, per cinque ore, dalle 12.45 alle 17.45, sulla macchinetta dei biglietti sono appesi due cartelli con la scritta «guasta». Un ragazzo si scusa con il vigilante: «C'hai ragione a scavalcà, che te devo dì, c'hai ragione».

«Li vedi quegli ascensori laggiù? Nemmeno quelli funzionano», dice un addetto. C'è un problema al comando della Garbatella, racconta. Entrambi sono fermi, arrugginiti.

Dovevano servire per far raggiungere ai disabili il mare.

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