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Jihad, l'allarme di Gentiloni: "Rischio da web e carceri"

Pochi radicalizzati, ma la guardia è alta. Il premier: "Serve più rigore sui rimpatri"

Jihad, l'allarme di Gentiloni: "Rischio da web e carceri"

La radicalizzazione islamica è un problema che coinvolge anche l'Italia, dove "il lavoro degli esperti non si ferma", ma come già più volte è stato detto in passato, a fronte "di un numero minore" di foreign fighter o persone indottrinate, il Paese vive una situazione migliore di quella di altri stati europei e non.

Un dato positivo, ma non sufficiente a tranquillizzare le autorità, tanto che in conferenza stampa a Palazzo Chigi, al termine dell’incontro con la Commissione di studio sul fenomeno della radicalizzazione, il primo ministro Paolo Gentiloni chiarisce che è necessario, anche in Italia, rimanere allerta.

"Oggi lavorare su carceri e web - senza escludere altri percorsi - è uno dei compiti principali di questa attività di prevenzione alla quale gli esperti ci sollecitano", spiega Gentiloni, per cui "comprendere sempre meglio i percorsi della radicalizzazione" è una chiara esigenza del governo.

La vigilanza deve rimanere anche sui flussi di migranti, spiega, ma ciò "non autorizza a equazioni improprie tra femoneni migratori e minaccia terroristica", anzi richiede di "coniugare la grandissima attitudine umanitaria e di accoglienza che ci caratterizza", con "politiche di rigore ed efficacia nei rimpatri".

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