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«Violate tutte le norme mediche Il rischio di epidemie era reale»

Il colonnello Gdf: «Smaltimento? Sterilizzazione e distruzione»

Avrebbero potuto essere veicolo di malattie quali scabbia, meningite, Hiv i rifiuti pericolosi provenienti dalla Aquarius e smaltiti come fossero normali solidi urbani. La conferma arriva dal tenente colonnello Francesco Ruis, comandante del Nucleo di Polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Catania, che ha condotto l'operazione.

Si parla di 24 tonnellate di materiale ad alto rischio infettivo.

«Parliamo di rifiuti di tipo sanitario, in alcuni casi, che venivano utilizzati per prestare il primo soccorso ai migranti a bordo delle navi ong. Sono materiali collegati ai casi di malattie infettive certificati a bordo dalle autorità sanitarie. Il fatto che su queste navi vi fossero delle persone con malattie infettive contagiose rende pericolosi sia i medicinali che gli strumenti sanitari utilizzati e gli indumenti e tutti gli altri rifiuti prodotti. Per questo avrebbero dovuto essere classificati con un codice specifico».

Che caratteristiche avevano?

«Caratteristiche di pericolosità con rischio infettivo o anche potenzialmente. Ma c'erano anche rifiuti prodotti in ambiente sanitario o che erano stati a contatto con liquidi biologici umani in grado di trasmettere agenti patogeni. Il loro essere rifiuti pericolosi obbligava chi doveva occuparsene a classificarli e smaltirli di conseguenza».

Avrebbero dovuto essere trattati come rifiuti speciali?

«Come rifiuti pericolosi, che sono diversi da quelli speciali non pericolosi, solidi urbani, ovvero quella categoria che loro indicavano. Tra i pericolosi ci sono quelli sanitari, alimentari o che sono venuti a contatto con persone che hanno malattie contagiose».

Come avrebbero dovuto essere smaltiti?

«Secondo quello che prevede la normativa, avrebbero dovuto essere raccolti e confezionati in appositi contenitori omologati a seconda della loro distinzione e consegnati alle ditte portuali concessionarie del servizio. Sarebbero poi stati destinati a un processo di sterilizzazione in discarica o direttamente in impianti di incenerimento».

Dove sono stati gettati, invece?

«Nel porto di Catania uno degli indagati gestiva la cooperativa autorizzata a smaltire i rifiuti, portati in discarica, ma trattati diversamente. Altri rifiuti arrivavano ad Augusta e in altri porti della Sicilia e venivano smaltiti da imprese autorizzate, ma queste imprese non sono indagate perché non sono emersi profili di consapevolezza della tipologia di rifiuti che ricevevano».

Esistono ancora rifiuti esistenti e potenzialmente pericolosi?

«No, l'unica situazione fu filmata perché si trattava di uno degli ultimi sbarchi in Italia e in quella circostanza per dirimere ogni dubbio furono aperti i sacchi, al fine di verificare che si trattasse di rifiuti pericolosi e contagiosi. Gli operatori di polizia giudiziaria hanno usato le dovute precauzioni».

ChG

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