Cronache

"Voglio una Chiesa non narcisista"

Bergoglio ammonisce i vescovi. Il segretario di Stato Parolin: "Il Papa vuole cambiare, basta attacchi isterici"

"Voglio una Chiesa non narcisista"

Riforma è la parola chiave del discorso che Papa Francesco rivolge ai vescovi italiani riuniti a Firenze per il convegno decennale della chiesa italiana. Bergoglio chiede alla Conferenza episcopale italiana un cambiamento di rotta: vuole una chiesa umile, non narcisista né autoreferenziale, e soprattutto non ossessionata dal potere. Discorso programmatico quello di Bergoglio ai vescovi: «Che Dio protegga la chiesa italiana da ogni surrogato di potere, d'immagine, di denaro».

Nella Basilica di Santa Maria del Fiore, nel capoluogo toscano, il Pontefice chiede di «non essere ossessionati dal potere, anche quando questo prende il volto di un potere utile e funzionale all'immagine sociale della Chiesa». Papa Francesco pretende dalla Chiesa italiana «umiltà, disinteresse, beatitudine» affinché possa rinnovarsi e abbandonare una antica eresia che porta ad «avere fiducia nelle strutture». Umiltà, il primo invito. «Evitiamo per favore di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione - dice il Pontefice -, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli».

La giornata toscana del Papa inizia presto. Alle 7.45 l'elicottero con a bordo Bergoglio è già allo stadio Lungobisenzio a Prato. Oltre 30mila fedeli attendono il Pontefice (l'ultimo fu Giovanni Paolo II nel 1986) dopo una lunga notte bianca. Le campane del Duomo suonano a festa, in delirio anche le suore di clausura, uscite eccezionalmente dal convento. «Sono qui come pellegrino, pellegrino di passaggio, in questa città ricca di storia e di bellezza» esordisce Bergoglio, incontrando il mondo del lavoro.

«Non c'è fede senza rischio», avverte il Papa argentino parlando dal pulpito del Duomo di Prato. «Il Signore - dice - ci esorta a non restare chiusi nell'indifferenza, ma ad aprirci, a sentirci, tutti quanti, chiamati e pronti a lasciare qualcosa per raggiungere qualcuno con cui condividere la gioia di aver incontrato il Signore e anche la fatica di camminare sulla strada». Ringrazia la comunità di Prato, dove c'è una forte presenza di lavoratori cinesi, per gli sforzi che attua nell'integrare ciascuna persona, contrastando la cultura dell'indifferenza e dello scarto. E ricorda i cinque uomini e le due donne cinesi morti due anni fa per un incendio nella zona industriale di Prato.

Dopo appena un'ora, il Papa è di nuovo sull'elicottero con destinazione Firenze. Ad attenderlo ci sono i vescovi delle 226 diocesi italiane, i sacerdoti, le suore, i fedeli riuniti nel capoluogo toscano pronti a voltare pagina. «Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze». «Ai vescovi chiedo di essere pastori - sottolinea il pontefice - sia questa la vostra gioia. Sarà la gente, il vostro gregge, a sostenervi». Nel suo discorso programmatico, il Papa cita Don Camillo e Peppone, oltre a Dante e Michelangelo (la loro genialità e creatività sia d'esempio). Poi pranza con i poveri alla mensa della Caritas, registrandosi come tutti gli altri, e infine abbraccia idealmente l'intera città, con una messa allo stadio Artemio Franchi con oltre 55mila fedeli. Non c'è il premier Matteo Renzi; al suo posto c'è la first lady Agnese.

E mentre il Vikileaks imperversa, a dire la sua sulla scandalo pensa il segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin: «Ci sono resistenze ma il Papa vuole cambiare.

Basta attacchi isterici, c'è un'atmosfera pesante».

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