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Per volare servono 400 milioni: a rischio 20mila lavoratori

Calenda: "Li metterà lo Stato come prestito e noi stiamo trattando con l'Ue". E il 2 maggio arriva il commissario

Per volare servono 400 milioni: a rischio 20mila lavoratori

Alitalia si avvia verso il commissariamento con la speranza che il governo riceva il via libera europeo per un finanziamento ponte da 300-400 milioni.

Esattamente la cifra che le serve per restare in piedi sei mesi. Di recente, l'ex presidente Luca Cordero di Montezemolo aveva ammesso che la compagnia brucia 500mila euro al giorno. Il finanziamento è, dunque, una necessità senza la quale gli aerei con la livrea tricolore rimarrebbero a terra entro un paio di settimane. Per una soluzione alla crisi di Alitalia la Commissione europea «è in contatto costruttivo con l'Italia» ha detto la portavoce dell'Antitrust Ue dopo che ieri mattina si è tenuta una riunione per verificare gli spazi di manovra previsti dalla legislazione.

La portavoce ha aggiunto che «la Commissione è sempre pronta a discutere con gli Stati membri i loro piani in linea con le regole Ue». Ma Bruxelles non può ancora pronunciarsi poiché per ora le autorità italiane non hanno notificato alla Commissione alcuna misura di sostegno a favore di Alitalia. Si aspetta forse il cda del 2 maggio e il successivo incontro a Palazzo Chigi per formalizzare la richiesta. Si tratterà, ha spiegato il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, di un «ponte finanziario transitorio e non di una nazionalizzazione, né di cinque anni di amministrazione straordinaria o di miliardi di euro di perdite». Dopo di che l'iter «più plausibile è che si vada verso un breve periodo di amministrazione straordinaria che si potrà concludere nel giro di 6 mesi o con una vendita parziale o totale degli asset o con la liquidazione».

Per il ministro Calenda, «il management operativo di Alitalia ha sbagliato moltissimo, anche con una certa dose di arroganza e i lavoratori si sono fatti convincere da un pezzo di sindacato che poi alla fine avrebbe pagato pantalone». Niente di più diverso.

Ieri il premier Paolo Gentiloni ha ribadito nuovamente che «la nazionalizzazione è da escludere» e, sui lavoratori, ha iniziato ad allungarsi anche lo spettro di ammortizzatori sociali insufficienti. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha detto che sono a rischio 20mila posti di lavoro: oltre ai 12.500 dipendenti del gruppo anche 8000 persone dell'indotto. A questo punto, «dobbiamo innanzi tutto mettere in conto i costi della cassa integrazione che la amministrazione straordinaria potrà richiedere secondo la legge. Sarà il commissario a decidere quanti dipendenti vi andranno e per quanto tempo. Tra ammortizzatori e prestito, sia pure a titolo oneroso per non incorrere nelle obiezioni Ue di aiuto di Stato, credo che si arrivi effettivamente intorno a un miliardo. Ma gli ammortizzatori potrebbero non bastare per tutti ed essere sostituiti da quelli ordinari, a minor copertura».

Per ora rimane tutto com'è: salvo nuove disposizioni i collegamenti restano operativi. È altrettanto vero che a diversi impiegati di aziende private, con biglietti confermati, è stato ri-prenotato il viaggio su altri vettori. Alitalia precisa che «il programma e l'operatività dei voli non subiranno al momento modifiche».

Le prossime importanti novità arriveranno a questo punto dall'assemblea del 2 maggio con la nomina dei commissari le cui decisioni saranno fondamentali per i lavoratori della compagnia, ma anche per i passeggeri che hanno già acquistato biglietti o sono iscritti al programma MilleMiglia. I nomi che restano in corsa sono quelli di Luigi Gubitosi (presidente in pectore) ed Enrico Laghi.

Secondo indiscrezioni si starebbe pensando però a un solo commissario per cercare di contenere i costi. Il «prescelto» avrà tempi stretti per trovare un potenziale acquirente. Secondo la normativa deve presentare entro luglio o al massimo entro settembre (180 giorni prorogabili di altri 90), il programma di ristrutturazione che deve soddisfare i creditori.

Il programma può anche essere rigettato dal ministero, in quel caso si converte in uno di cessione dei beni aziendali o, se non praticabile, in fallimento.

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