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Il voto degli attivisti premia la linea Di Maio. Sì al "mandato zero"

Il capo politico promosso. Ma su Rousseau ha partecipato solo il 25% degli iscritti

Il voto degli attivisti premia la linea Di Maio. Sì al "mandato zero"

Nel momento più difficile per il M5s, la macchina della ratifica della piattaforma Rousseau ha retto. Per tutti e cinque i quesiti posti al voto degli attivisti, hanno vinto i sì. Quindi primo via libera ai cambiamenti di pelle decisi dal capo politico Luigi Di Maio: Introduzione del mandato zero per i consiglieri comunali (68% sì, 32% no), organizzazione regionale del Movimento Cinque Stelle (85,1% sì, 14,9% no), candidatura durante il secondo mandato solo per consiglieri comunali (60,6% sì, 39,4% no), nuova organizzazione nazionale (84,8% sì, 15,2% no), rapporti con le liste civiche (78,1% sì, 21,9% no). Con una media di poco meno di 25mila votanti per ogni quesito, vale a dire circa un quarto degli iscritti totali a Rousseau, che dovrebbero essere poco più di 100mila. Il condizionale è d'obbligo perché l'ultimo dato disponibile, comunicato dalla stessa Associazione presieduta da Davide Casaleggio, risale al 18 dicembre 2018 quando sul Blog si parlava di Rousseau che «raggiunge e supera la boa dei 100mila iscritti». Cifra da prendere in considerazione anche per questa ultima votazione, consentita soltanto agli iscritti certificati da almeno sei mesi.

Ma con l'ok, seppure mascherato, alla Tav e il varo della nuove regole c'è chi fa notare la vera notizia del giorno: «Per la prima volta - si ragiona in ambienti M5s - sia Beppe Grillo sia Davide Casaleggio sono stati messi in minoranza». Il comico, che aveva accettato la riorganizzazione, è furioso per il voltafaccia sull'Alta Velocità, l'imprenditore milanese, viceversa, è critico su alcuni aspetti del restyling (soprattutto il mandato zero) pur avendo approvato la svolta sulla Torino-Lione. E il rischio, continuano le riflessioni dei pentastellati, è che Di Maio in futuro si ritrovi un partito sempre più fedele a lui, però molto più piccolo e con percentuali elettorali sempre più basse. Un'analisi che fa il paio con quello che potrebbe succedere al Senato durante la votazione sul dl Sicurezza bis. La discussione a Palazzo Madama sul provvedimento caro al leader della Lega Matteo Salvini si aprirà il primo agosto, e circa 10 senatori grillini potrebbero sabotare il provvedimento, rendendo decisivi per la tenuta del governo i voti favorevoli di Forza Italia e Fratelli d'Italia. Intanto giovedì il presidente della Camera Roberto Fico prima del voto si è allontanato dall'aula, nel M5s ci sono stati 17 assenti e il voto contrario della sola Doriana Sarli, definita «l'ultima dei talebani» a Montecitorio e considerata come la prossima in uscita dal Movimento. Ora i Cinque Stelle vorrebbero evitare la questione di fiducia a Palazzo Madama per rendere meno drammatica la spaccatura che potrebbe venirsi a creare. Il 7 agosto, invece, dovrebbe arrivare in Parlamento una risoluzione contro la Tav, che sarebbe votata solo dal M5s.

Di Maio, in un'intervista a Sky Tg24, ieri ha ribadito la sua contrarietà alla Tav, giudicata come «un regalo alla Francia» e ha provato a blindare il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli: «Io ho fiducia in Danilo, è una persona che ha lavorato sodo per sbloccare. Ma i meriti se li prende qualcun altro». Riferimento al Carroccio, destinatario di un'altra frecciata: «La Lega non critichi e basta».

A margine della giornata, divertente il siparietto su Facebook del padre di Alessandro Di Battista, Vittorio, che dopo aver annunciato di aver votato sì su Rousseau solo al quesito sulle alleanze con le liste civiche, ha detto: «Sono contento di aver votato e sarei ancora più contento se conoscessi i nomi dei Notai e se sarà stilato un verbale e se il verbale conterrà i nomi dei votanti e se i nomi dei votanti potranno essere resi pubblici».

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