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Weinstein adesso rischia le manette

L'attrice Paz de la Huerta accusa il produttore di stupro: «Lui mi promise un ruolo»

Weinstein adesso rischia le manette

Ok, Harvey Weinstein è indifendibile. E se lo dovessero arrestare (ipotesi che circola in queste ore con una certa insistenza) non piangerebbe nessuno; ma - ciò premesso - è davvero credibile la versione dell'attrice Paz de la Huerta secondo cui i suoi «attuali problemi di depressione, alcolismo e tossicodipendenza sono la conseguenza delle violenze subite 7 anni fa ad opera di Weinstein»?

Sta di fatto che la posizione di quello che dispregiativamente è stato ribattezzato «le porc», si sta aggravando in modo irreversibile. La rubrica potrebbe intitolarsi «lo stupro del giorno». E ieri, puntuale, è spuntato l'ennesimo. Reato che non cade in prescrizione e che ora potrebbe far scattare i braccialetti ai polsi del produttore hollywoodiano, bloccandogli momentaneamente due mani, fin troppo lunghe. La violentata di turno questa volta non è una ragazzetta con gli slip di pizzo e il sogno di celluloide, bensì una star che nel 2010 (anno del fattaccio) era «all'apice della carriera», almeno così sostiene l'esperto di Vanity Fair.

Paz subì l'oltraggio e non disse nulla alla famiglia, che tra l'altro non era mica una famiglia qualsiasi, ma la quintessenza della nobiltà intellettuale: il padre era infatti Ricardo Ignacio de la Huerta y Ozores, duca di Mandas e Villanueva, mentre la madre era Judith Bruce, forte di un curriculum da sincope («sociologa di successo, senior associate e policy analyst del Population Council, esperta di diritti delle donne, Paesi in via di sviluppo e organizzazioni internazionali, nonché membro del Council on Foreign Relations dal 1977). Ma veniamo alla terribile sera in cui si consumo il misfatto: «Incontrai Weinstein al bar dello Standard High Line hotel di Manhattan - racconta Paz -. Io avevo 26 anni e lui era al massimo del potere con la sua compagnia che di lì a poco avrebbe incassato due Oscar con Il discorso del Re' e The Artist. Ci erano già visti quando io avevo 14 anni. Poi eravamo rimasti in contatto». E fin qui tutto normale. Ma poi la situazione degenera: «Weinstein si offrì di accompagnarmi a casa a Tribeca. Entrò nell'appartamento e le cose diventarono spiacevoli velocemente. Appena entrato iniziò a baciarmi e lo respinsi. Mi spinse a letto, si era tirato giù le mutande, mi alzò la gonna. Ero spaventata, non fu consensuale. Avvenne velocemente, mi si infilò dentro. Quando finì, disse che mi avrebbe chiamata. Poi non si fece più vivo». Era novembre. A dicembre il bis. « Rimasi sdraiata, mi veniva da vomitare. Mi guardò e disse: Ti darò un ruolo. Se ne andò e non lo sentii mai più. Sapeva di aver fatto una cosa cattiva». Ma perché Paz parla solo ora? «Non volevo dire qualcosa che mi facesse sembrare una troia»: che, detta così, appare una motivazione alquanto discutibile. Intanto da Tokio, dov'è in visita diplomatica, Ivanka Trump, figlia e consigliera del presidente Usa, vince il premio per la frase più scontata del mondo: «Le molestie sessuali contro le donne non devono mai essere tollerate». Che però diventa leggermente meno scontata, se si considerano le accuse mosse da molte donne allo stesso Donald Trump. Ipotesi di molestie sessuali che Trump ha sempre respinto.

Senza però convincere nessuno.

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