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Zingaretti vuole le elezioni Però Renzi pensa all'inciucio

Marcucci apre ai 5 Stelle: «Esecutivo di emergenza» E chiede di votare per prima la sfiducia a Salvini

Zingaretti vuole le elezioni  Però Renzi pensa all'inciucio

«Per noi il paese viene prima di tutto». A sera, quando arrivano le parole del capogruppo al Senato Andrea Marcucci, renziano doc, appare chiaro che nel Pd si è aperta una partita pesante: il segretario Zingaretti, che vuole andare al voto, contro chi resiste. E punta, nelle parole di Marcucci, a un «governo di transizione» che allontani le urne.

Zingaretti, consapevole che il suo partito è una pentola in ebollizione, aveva provato a metterci subito un tappo, mandando la sua vice Paola De Micheli in tv a dire: «Non ci sono le condizioni per un altro governo, occorre andare al voto». Una risposta a Salvini, certo, che in quei minuti accusa il Pd di «inciuciare» con i Cinque Stelle per allungare il brodo della legislatura. Ma soprattutto un messaggio doppio: al Colle (sarà Zingaretti a guidare la delegazione dem alle consultazioni, ma ne farà parte anche Marcucci) e al suo partito, dove l'ipotesi «governo di emergenza democratica» anti-Salvini, con la scusa della riforma elettorale o della manovra, trova molti fan. Zingaretti non ne vuol sentire parlare: «Saremmo dei pazzi suicidi a caricarci noi una manovra tutta tagli e tasse lasciando fuori Salvini a spararci col bazooka: gli regaleremmo il 60% in sei mesi», è il suo - comprensibile - ragionamento. Per Zingaretti le elezioni anticipate sono la partita della vita: «È una prova del fatto che Nicola ha un gran c...», spiega un esponente a lui vicino. «Temeva di dover affrontare una lunga via crucis durante la quale se lo sarebbero cucinato dall'interno, una Regionale alla volta: se perdi Umbria, Calabria, Emilia ne esci morto. Invece, per fortuna c'è Salvini». Già: tra Zingaretti e il leader della Lega non ci sarà un'intesa esplicita (anche se al Senato c'è chi assicura che Salvini avesse chiesto al capo Pd di fargli il piacere e uscire dall'aula sulla Tav, offrendogli il destro per la crisi, e che Matteo Renzi si sia messo di traverso per questo) ma sicuramente c'è il comune interesse per le urne. Zingaretti si salva da una lenta agonia, costruisce gruppi parlamentari suoi, supera di slancio il risultato del 2018 (c'è chi lo da al 25%) e fa il capo dell'opposizione. Tanto che in molti sussurrano che sia pronto a candidarsi premier al posto di Gentiloni.

Ma nei gruppi parlamentari, ereditati dalla gestione renziana, il desiderio di allontanare le urne si allarga a macchia d'olio, in quelli grillini idem. E gli scambi di sms, anche tra i due partiti, sono frenetici. «Fate uscire qualche segnale di disponibilità a far votare la riforma del taglio dei parlamentari, così Luigi (Di Maio, ndr) apre a voi sulla riforma elettorale», è l'urgente invito di un dirigente M5s a un Dem. «Ovvio che Zingaretti si metta di traverso ad un governo di emergenza. Ma non è un ostacolo insormontabile», dice un parlamentare dem importante. «Non si può dare del pericoloso fascista a Salvini e poi regalargli il paese con il voto». Per piegare Zingaretti si spera in una campagna di Repubblica, nella pressione di personaggi come Veltroni o Prodi. Si spera in Renzi: «Deve essere lui a prendere in mano questa partita, contrastando Zingaretti», dice un deputato. Una capriola difficile per l'ex premier, primo avversario del dialogo con M5s. Ma le parole di Marcucci posizionano i renziani: «Chiederemo sia calendarizzata per prima la nostra mozione di sfiducia a Salvini, poi quella della Lega». Un chiaro amo lanciato ai grillini: «Se votano questa nostra proposta e poi addirittura passa in aula, è nata una nuova maggioranza e il Colle ne deve tenere conto», dice un parlamentare renziano.

La partita è aperta.

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