Controcorrente

«Al posto del tabacco facciamo crescere i bambini»

Giulia, architetto, con la madre e la sorella ha trasformato l'azienda in un agriturismo con fattoria didattica

nostro inviato a San Pietrodi Morubio (Vr)«Trasformare l'azienda in un'impresa etica non è soltanto una scelta di vita, ma è l'unica possibilità che abbiamo per sopravvivere». Giulia Lovato ha 31 anni e sognava di fare l'architetto. Poi ha scoperto la vera vocazione: «Aiutare gli altri. Ma in mezzo alla natura...». A San Pietro di Morubio, nelle terre a sud di Verona tagliate dalla Transpolesana, «La vecchia fattoria» si regge sulle intuizioni di tre donne: Giulia, la sorella Carolina (29 anni) e mamma Cristina. «È merito suo se oggi siamo qui. È stata lei a dare continuità a una linea matriarcale che nella nostra famiglia risale ai primi del Novecento. L'azienda produceva tabacco, un business molto redditizio - racconta Giulia -. Le hanno dato della matta quando, negli anni '90, ha deciso di convertirla alla coltivazione e alla trasformazione di prodotti biologici. Allora non era ancora una moda. Su 25 ettari di campi, con i contributi della Comunità europea, ha piantato un bosco di sole piante autoctone (querce, noci, platani...). La fattoria ha sempre avuto la capacità di attirare gente, specie i bambini per via del verde e degli animali. Quindi abbiamo deciso di aprirci all'esterno come agriturismo didattico». Giulia si mette in gioco nel 2008. «Stavo preparando la tesi di Architettura al Politecnico di Milano. Nei pomeriggi in cui aiutavo i ragazzi a fare i compiti mi sono resa conto di quello che volevo fare per davvero, non chiudermi in un ufficio». Mentre Giulia racconta il telefono squilla in continuazione. Sono presidi e maestre che fissano le gite e i laboratori pratici in fattoria. «Ogni anno passano da qui dai 12mila ai 15mila bimbi l'anno, dall'asilo alle scuole medie. Tanto che oggi l'agricoltura biologica è perfino la parte minoritaria della nostra attività». L'evoluzione successiva è stata diventare una fattoria sociale. «Dopo soli 10-15 giorni che frequentano i nostri spazi, i ragazzi svantaggiati o affetti da handicap, gli adolescenti problematici o chi ha un passato da tossicodipendente, migliorano tantissimo - testimoniano Giulia e mamma Cristina -. Cambia la loro vita e quella delle famiglie che ce li affidano. Abbiamo stipulato convenzioni con Asl, enti locali e privati per prestare un servizio continuativo».All'ora di pranzo la cascina si popola di bambini e ragazzi «speciali» al ritorno da scuola. «A differenza di quello che avviene là fuori, nessuno qui è obbligato a fare qualcosa, ma tra lavoro nei campi, cura dei cavalli, o l'aiuto in cucina, ognuno è libero di impiegare il proprio tempo e di sentirsi utile. È come stare in una grande famiglia, in comunità. Un ragazzo su dieci già dopo un anno non ha più bisogno dei servizi sociali». Missione che è valsa a Giulia e socie una parete intera di trofei, tra cui il primo posto al concorso Nuovi fattori di successo 2015, indetto dal ministero delle Politiche agricole. Le donne della fattoria guardano avanti. «Presto raggiungeremo l'autonomia energetica con fonti pulite.

Vogliamo aprire un asilo nido nel bosco, e un punto vendita per l'inserimento lavorativo dei nostri ragazzi».GSu

Commenti