Previdenza e pensioni

Tabelle di sostituzione e assegni più leggeri: perché le pensioni sono sempre più magre

Leggendo le tabelle di sostituzione del Mef si vede che il montante pensionistico, rispetto all’ultimo reddito percepito, si va riducendo sensibilmente

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Provate a pensare di essere un dipendente o un libero professionista e di voler calcolare la vostra pensione rispetto all’ultimo reddito. Ebbene, per farlo, vi basterebbe prendere in esame le tabelle di sostituzione del ministero dell’Economia per comprendere come, esercizio dopo esercizio, il montante pensionistico, rispetto all’ultimo reddito percepito, si vada riducendo sensibilmente.

Il Mef produce ogni anno il report Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario che vi permette di approfondire, senza incertezze, la vostra situazione personale. La serie storica, iniziata nel 1988, si estende fino al 2023 (XXIV Rapporto). Scorrendo le relazioni si nota come i tassi di sostituzione siano sempre meno vantaggiosi. Se si applicasse a un lavoratore dipendente, che andrà in pensione nel 2040 dopo 38 anni di contribuzione, il tasso di sostituzione del 2009, porterebbe a casa circa il 62% dell’ultimo stipendio. Quel calcolo fosse fatto con i riferimenti del 2023 restituisce una pensione non più alta del 46% dell’ultimo reddito. Insomma, la differenza è di circa 16 punti percentuali.

Se si effettuasse il calcolo sulla base dei lavori assoluti, un lavoratore il cui ultimo stipendio si avvicinava ai 100mila euro annui nel primo caso si ritroverebbe con una pensione di 62mila euro, che oggi scenderebbero a 46mila. Ed il trend tenderà inderogabilmente ad andare nella direzione della discesa. I temi demografici non lasciano spazio a speranze diverse.

Tra qualche anno, i tassi di sostituzione saranno davvero risibili o, per meglio dire, drammatici. Ma chi se ne occupa davvero?

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