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Processo breve, Pdl pronto all’ora della verità

Forse già domani alla Camera il voto finale. La maggioranza si mobilita contro divisioni e assenze: "Pronti a sedute notturne". L’incognita dei "ribelli". Berlusconi: "Tutti uniti per l’unità del partito, anche con Scajola". E per il futuro Csm: "Estrazione a sorte"

Processo breve, Pdl pronto all’ora della verità

Roma - A Montecitorio è vigilia di battaglia. E il lavoro sotterraneo di preparazione alla prova d’aula sul processo breve si sviluppa febbrile. I capigruppo diramano le convocazioni, tra sms e telefonate alle segreterie, verificando le presenze e consultando il bollettino medico. I ministri disdicono gli impegni per assicurare la presenza. La maggioranza studia le contromosse rispetto ad eventuali sortite dilatorie dell’opposizione che questa volta, comunque, si presenta con gli artigli spuntati alla luce del contingentamento dei tempi. E come sempre, iniziano a circolare dubbi, preoccupazioni e sospetti su una votazione thriller che potrebbe fare da catalizzatore per i malumori della maggioranza.

Berlusconi è stanco delle rivendicazioni che gli arrivano da tutte le parti. Secondo l’agenzia Agi sarebbe tentato dall’idea di creare un nuovo partito. Ma se ne occuperebbe solo dopo le amministrative. La giornata di ieri è finita a Villa Gernetto a Lesmo, con una cena insieme agli eletti del Pdl in Lombardia. E a Lesmo, il Cavaliere si è detto fiducioso sulla coesione del partito: «Dicono che il Pdl sia diviso – ha detto – a me non sembra, tutti mi hanno rassicurato sulle votazioni in Parlamento, tutti vogliono l’unità del partito». Non solo Pdl, nelle esternazioni in serata del premier. In primo piano ancora la giustizia. Berlusconi ha ricordato i punti fermi della riforma: «responsabilità civile dei magistrati», separazione delle carriere e poi «estrazione a sorte dei componenti del Csm», per fermare le correnti.

Le fibrillazioni in vista del voto, comunque non si fermano: per Berlusconi è pronta a scoccare (l’ennesima) ora del giudizio, ripetono in molti. Già domani, infatti, si potrebbe arrivare al voto finale sul processo breve. E quale occasione migliore di questa per far pesare ruolo, potere e numeri? Inutile dire che quasi sempre questi timori vengono messi in circolazione ad arte. Ma il rischio di assenze strategiche al momento del voto è uno spettro che vale comunque la pena non sottovalutare. Gli amanti della dietrologia e dell’allarmismo individuano il rischio-fronda in due «gruppi»: quello dei fedelissimi di Claudio Scajola (sulla cui fedeltà però il premier, a Lesmo, si è detto tranquillo) - che proprio mercoledì si riuniranno nella nuova sede romana della Fondazione Cristoforo Colombo per una cena - e quello dei sudisti di Gianfranco Miccichè.

I numeri dei due schieramenti sono difficili da individuare con chiarezza ma c’è chi ipotizza che l’ex ministro dello Sviluppo economico possa contare su una ventina di deputati e chi ne assegna al dirigente siciliano una decina. Altri rivolgono uno sguardo preoccupato verso i Responsabili, ancora in attesa che il puzzle del rimpasto si componga e che oggi vedranno con Denis Verdini per fare un punto «operativo». Nella ridda di voci della vigilia c’è anche chi teme un’azione dimostrativa degli ex-An, finiti nel mirino per un loro presunto strapotere nel Pdl. E non manca, nella mappa dei presunti malumori, chi guarda alla Lega, poco entusiasta di fare sconti sulla legalità. Inutile dire che tutti smentiscono con decisione qualunque tentazione di tradimento.

Nel festival dei sospetti incrociati ci sono, però, due certezze. La prima è che il voto sarà palese. La seconda è che tutti sanno che sulla prescrizione breve Berlusconi non vuole sorprese. L’indicazione è chiara: «Andate avanti. Approvatela. L’abbiamo scritta in modo conforme alle indicazioni della Consulta e Napolitano non ha alcun appiglio per fermarla. Non c’è alcuna manifesta incostituzionalità». E così Simone Baldelli alza gli scudi: «Siamo allertati per ogni evenienza, pronti a stare in aula di notte, e fino a venerdì».

Calma e sangue freddo, insomma. E la convinzione che i venti di guerra, alla prova dell’aula, si riveleranno una morbida brezza di primavera. Anche perché, per dirla con Gianfranco Rotondi, «le correnti con la Dc avevano una funzione, ora sono una finzione. Il Pdl è un partito democratico-carismatico guidato da un leader - Silvio Berlusconi - che la gente vota. È lui a portare i voti perché è in lui che le persone si riconoscono.

Le correnti, semplicemente, non servono a niente».

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