Cultura e Spettacoli

Quest'anno torna la retorica. La Storia invece fa il ponte

Per la festa il diktat è archiviare il "revisionismo"

Quest'anno torna la retorica. La Storia invece fa il ponte

Ma la Resistenza quanto dura? La risposta di qualcuno è semplice, da corteo: «Ora e sempre Resistenza!». Viene da una poesia di Calamandrei, per carità, ma senza la dedica al generale Kesselring (che voleva un monumento dagli italiani) perde di senso. E così, a 70 anni dal 25 aprile, se uno sfoglia i giornali o va in libreria si trova davanti una serie di richiami alla lotta al nazifascismo che dà l'impressione che Kesselring prema di nuovo contro il baluardo alpino. Anzi, se in questi anni qualche tentativo di ragionamento più pacato lo si è fatto, la cifra tonda e l'inserimento della ricorrenza nel calendario del Comitato storico-scientifico per gli anniversari di interesse nazionale sono visti da qualcuno come l'occasione per tornare alla «Resistenza perfetta». Lo storico Giovanni De Luna lo teorizza nel suo volume intitolato proprio La resistenza perfetta (Feltrinelli). Dice di provare «un insopportabile disagio» quando si indaga sulle imperfezioni della Resistenza: «Dagli anni '90 in poi si è messa in moto una valanga di fango e detriti inarrestabile, alimentata da una storiografia punteggiata da aneddoti poco edificanti».

Meglio mettere tutto sotto lo zerbino e buttarla in retorica, allora? Qualche esempio. A Modena lo scorso weekend c'è stato il Festival play , un poco resistenziale festival del gioco. Si è dovuto comunque colorirlo di «memoria». Si è giocato alla staffetta partigiana. Oppure a Radio Londra. Niente di male, però la caccia al tesoro che parte da dove si uccise Angelo Fortunato Formiggini e finisce alla lapide per i fucilati è un po' troppo. Meglio allora lo spiegamento di libri del Corriere della Sera che sino al 26 settembre proporrà letteratura partigiana. Promuovendo l'operazione con titoli tipo: «Raccontare la Resistenza, un impegno di libertà». E c'è anche un po' di confusione, visto che tra i libri resistenziali finiscono dei racconti di Mario Rigoni Stern che con la Resistenza hanno poco a che fare ( Aspettando l'alba ). Ma siamo alle solite, tutto è Resistenza, persino Rigoni Stern, volontario fascista, che scriveva: «Non vi è stata una guerra più giusta di questa contro la Russia sovietica». Certo, si dirà: ha cambiato idea mentre era in un lager tedesco, dopo l'8 settembre. Forse. Di sicuro il 25 aprile stava ancora cercando di tornare a piedi dalla Polonia, rientrò a casa il 5 maggio. Del resto qualsiasi cosa, in attesa del 70º, può essere «partigianizzata». Mettiamo che si decida di parlare di una mostra di Mario Dondero, come ha fatto La Stampa il 10 aprile. Dondero è un grande della fotografia. Fra le altre cose ha fatto il partigiano in Val d'Ossola, ma questo poco o nulla ha a che fare con i suoi scatti. Però il titolo diventa: «Dondero, la guerra all'ingiustizia del partigiano con l'obiettivo». L'intervistatore sentirebbe pure la necessità di denunciare «il revisionismo diventato senso comune».

Meno male che il revisionismo è diventato senso comune: proprio La Stampa pubblica in prima pagina un «conto alla rovescia» per il 25 aprile a firma Paolo Di Paolo, scrittore «inviato nel 1945». L'inviato raccoglie a piene mani virgolettati d'epoca di Togliatti. E il quotidiano propina anche titoli equilibrati come: «Il momento della scelta tra barbarie e civiltà». Per non dire di come è stata strumentalizzata la lettera del presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Micromega . Di tutto ciò che ha scritto, nelle titolazioni di alcuni giornali come il Fatto , si è isolata (quando non forzosamente interpretata) solo la frase sull'evitare «pericolose equiparazioni tra i due campi in conflitto». Lo storico Angelo D'Orsi, sempre sul Fatto esulta per «la fine del “rovescismo” alla Pansa», e nella sua visione persino Luciano Violante, che osò «salutare i ragazzi di Salò», sembra un apologeta.

Beh, certo ma quel che conta, chioserà qualcuno, è la tv! Iris, canale Mediaset dedicato al cinema, da oggi al 24 aprile, presenterà il ciclo «Storie di libertà», omaggio alla Resistenza. A commentare la rassegna, Fausto Bertinotti. Quanto ai titoli: Il Generale della Rovere , Il delitto Matteotti , I piccoli maestri ... E anche l'hollywoodiano Il mandolino del Capitano Corelli che, a essere sinceri, trasforma l'eccidio di Cefalonia in un polpettone romantico a cui forse bisognerebbe «resistenzialmente» ribellarsi. Raiuno invece imbastirà una serata affidata a Fazio. Ospiti i soliti noti: Saviano, Paolini, Albanese, Ligabue... Che sia un po' sbilanciata a sinistra? Sulle librerie sarebbe meglio non far parola. Oscar Farinetti, il patron di Eataly, in Mangia con il pane (Mondadori) racconta le avventure del padre Paolo Farinetti. Il comandante Paolo ha un curriculum bellico di tutto rispetto: liberò dalle carceri di Alba 22 detenuti politici. Ma la biografia si trasforma in una narrazione edulcorata. E Farinetti jr., quando può, si ritaglia anche uno spazietto per spiegare quanto è bella Eataly: «Non è un impero, è piuttosto un gruppo di lavoro di circa 4mila persone che si sbattono per celebrare la meraviglia dell'agroalimentare italiano». Insomma, resistere oggi è mangiare bene. Del resto a Milano si va dal «tutto è Resistenza» alla Resistenza a rischio di antisemitismo. La brigata ebraica non è gradita in piazza. Perché? Perché si fa resistenza anche a Israele. Abbastanza per far adirare anche il presidente della Fondazione Anna Kuliscioff, Walter Galbusera: «I veri partigiani... sono rimasti in pochi e i gruppi dirigenti non sempre hanno atteggiamenti costruttivi». Polemiche non dissimili si sono sviluppate anche a Roma. Dove c'è chi ha detto - e la presidente della Camera gli ha dato ragione - «si dovrebbe togliere la scritta “Dux” dall'obelisco del Foro Italico a Roma». Cancellare i nomi è un modo un po' strano di rievocare la storia.

Ecco, la Storia? Quella il 25 aprile fa il ponte.

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