Ravasi: «Leggetela ai vostri figli ma non è una raccolta di favole»

Il celebre biblista: «Per i bimbi non è incomprensibile Anzi: hanno una percezione profonda dei simboli»

Enza Cusmai

Presepi che spariscono dai grandi magazzini perché «non fanno cassetta», scuole in cui si vieta persino di cantare le canzoni natalizie per non irritare i non credenti. La tradizione e le radici cristiane sembrano fardelli di cui ci si debba vergognare. Ma allora il libro sulla Bibbia che domani uscirà assieme al Giornale dedicato ai bambini va controcorrente? «Per fortuna certi casi sono eccezioni e non fanno la regola – sostiene monsignor Gianfranco Ravasi, fine biblista - e penso che la Bibbia e i bambini siano un abbinamento vincente, nonostante l’apparente abisso che intercorre tra i più piccoli e un libro così complesso». Quanto alle nuove tendenze di certi insegnanti che limitano la tradizione nel nome di un’ipotetica parità con bambini di altre religioni e culture, il prefetto della Biblioteca Ambrosiana non concede sconti: «Rinnegare il presepio o persino l’albero è un’assurdità. In questo modo, anche l’ateo, l’agnostico, l’indifferente, smentisce la propria storia, l’identità culturale, la tradizione. Noi abbiamo i nostri simboli così come gli orientali hanno i loro. A me è sempre piaciuto, in una città orientale, vedere la cupola di una moschea illuminata dalla luna. E gli stessi musulmani arrivano nelle nostre città per vedere come noi festeggiamo il Santo Natale. La vera cultura è la molteplicità».
A certe maestre che inneggiano alla parità di religione cancellando la simbologia cristiana dalle aule dei bambini, il prelato manda a dire: «Non si atteggino a progressiste, sono conservatrici ottuse e autolesioniste. Il loro ragionamento è politicamente scorretto, perché è come se dicessero: per non dar fastidio, cancello me stesso». Quello che serve, sostiene monsignor Ravasi, è il dialogo. «La bellezza delle culture, il vero confronto è nel duetto, con un soprano e un basso, due voci del tutto antitetiche, ma in armonia».
Ben venga, dunque, il Natale cristiano con i suoi messaggi universali, la storia sacra e i libri che ne spiegano le origini e il significato profondo. A cominciare da quelli per i più piccini. «La Bibbia non è affatto un testo incomprensibile ai bambini perché usa come modalità espressiva il simbolo, che è proprio la parte fondamentale della percezione del linguaggio del bambino. Il rapporto di Dio con Mosè, per esempio, è ben assimilabile con la raffigurazione del monte e la luce che lo avvolge». Ma non tutti i libri sono educativi allo stesso modo. Anzi. Monsignor Ravasi mette in guardia dalle pubblicazioni di Bibbia o Vangelo a fumetti. «Più della metà di quelle in circolazione sono pessime, l’autore e chi disegna le immagini premono il pedale del favoloso, raccontano la storia sacra come se fossero dei miti lontani, con colpi di scena clamorosi. Sembra di essere nel mondo degli elfi, invece è il mondo della storia. La Bibbia viene paragonata alle storie mitiche, all’Iliade piuttosto che all’Odissea. Si trasmette nel bambino la convinzione che siamo in presenza del fantasioso alla Harry Potter. E da adulti, questi bambini tenderanno a smitizzare la Bibbia, magari a ridicolizzarla. Questo genere di pubblicazioni, più che offrirle, bisognerebbe allontanarle dai bambini».
Quali sono dunque le caratteristiche di buon testo? «Innanzitutto le immagini, importantissime. Devono essere buona qualità, e tener conto della realtà in cui vive un bambino moderno. Basta con le solite immaginette, a sfondo spiritualistico, zuccherose. Bisogna ispirarsi al fumetto, che ormai è diventato un’arte, ha una sua grammatica, che va oltre i disegnini spiccioli. Il più grande errore degli adulti è pensare che il bambino debba essere trattato in maniera favolistica. Invece, attraverso il simbolismo, la metafora, bisogna presentare a lui la realtà, non il mito. I bambini non hanno bisogno di prendere una melassa sentimentale. È disprezzare la loro intelligenza». Dall’impostazione all’insegnamento. Il bambino non deve leggere da solo. O meglio, non può interpretare senza un supporto critico. «È utile che il testo lo legga anche l’adulto, la mamma o il papà, per rispondere agli interrogativi e ai dubbi del bambino». Insomma, un libro per bambini dev’essere scritto anche per gli adulti. «Del resto l’attività di lettura solitaria è recente – aggiunge monsignor Ravasi - prima del Rinascimento si leggeva parlando. L’origine della parola Bibbia, Miqrà, ha la stessa radice della parola Corano, Quran, che significa lettura, evento familiare».
Fare un buon libro per i piccoli, dunque, sembra molto complesso. E monsignor Ravasi ne sa qualcosa. «Io stesso mi sono cimentato nella scrittura di un testo sul Giubileo ed è stata in assoluto la cosa più difficile che abbia fatto in via mia.

Spiegare con parole semplici che cos’è un’indulgenza è una cosa complicatissima. Ma la scommessa da vincere è sempre la stessa: bisogna essere in grado di rappresentare eventi e realtà umane o religiose non in modo fiabesco, mitologico o remoto, ma in modo realistico e convincente».

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