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Reazioni Il killer: «Non mi pento». La madre della vittima: «Impazzisco»

«Finalmente l’ho uccisa, non mi pento, non ne potevo più. Mi spiace per i miei genitori che sono malati, quando lo sapranno gli verrà un colpo» Erano le cinque del pomeriggio del 23 giugno 2007, Reggio Calabria, e a sfogarsi coi poliziotti che lo stavano ammanettando, era l’uomo che aveva appena massacrato a coltellate la sua ex moglie. Sette fendenti, davanti alla figlioletta di 11 anni, in quel momento inchiodata su una carrozzina, l’ultima pugnalata alla schiena, mentre la vittima cercava una disperata fuga. Finì così, nel sangue di una amore spento trasformatosi in odio, la tribolata esistenza di Paola Gangeri, 42 anni, ex capostazione sposata con Salvatore Condemi, un capotreno da cui aveva da tempo divorziato. Due anni e quattro mesi dopo i giudici della Corte d’assise di Reggio hanno sentenziato che la vita di questa donna vale appena 12 anni di carcere, pena che a conti fatti, tra buone condotte e benefici vari si ridurrà sì e no a cinque. Anche meno. Maria Olga Guarnaccia, la madre della vittima, ieri ha rischiato di essere cacciata dall’aula in cui si stava tenendo il processo d’Appello. «Assassino, sarò per sempre la tua ombra», ha urlato in lacrime all’indirizzo dell’uomo che sedeva in gabbia. Il presidente le ha intimato di tacere. Anche il dolore più atroce in una aula di «giustizia» deve rimanere silente. Non contano la rabbia, lo sdegno, quel senso di impotenza che ti fa sentire violentato. Ha ottenuto 3 anni di sconto sulla pena di primo grado Salvatore Condemi, il perché lo si saprà solo con le motivazioni della sentenza. Lei, la mamma di questa «donna tolta alla vita da un uomo che ha tentato di dichiararsi incapace di intendere e di volere, ieri ha visto spegnersi la sua ultima speranza di giustizia. «Non ci credo più, ormai l’Italia è un Paese sprofondato, senza diritti. E ai giudici dico solo: “Mettetevi una mano sulla coscienza.

Grazie a voi io impazzirò”».

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