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Repubblica, gli irriducibili fanno guerra al Pd

Il quotidiano di De Benedetti in trincea per far saltare la tregua sulle riforme. Tutti sparano contro l’apertura di D’Alema e compagni. Il fondatore-filosofo: "L'inciucio è una cosa non buona e ingiusta"

Repubblica, gli irriducibili fanno guerra al Pd

Roma - La Repubblica fa la guerra alla tregua e al Pd in versione armistizio: col Caimano non si parla, col mafioso non si tratta, col corrotto non si inciucia. D’Alema vuol la pace? In pace ci metta il cuore: non si può. Lo ha deciso largo Fochetti, sede dell’unica, vera, irriducibile opposizione. Che ora si oppone pure all’opposizione in odor di compromesso. Linea e regia non cambino: «L’inciucio è cosa non buona e ingiusta», sermoneggiava due giorni fa il fondatore Scalfari. «Oggi Berlusconi può consentirsi di fare il benevolo padre della patria, augurandosi che “da un male nasca un bene” e che l’odio svanisca dalla politica - ammoniva ieri l’editoriale di Edmondo Berselli -. Ma sarebbe un fraintendimento grave pensare che il premier sia cambiato... La concezione di Berlusconi è lontana da ogni concezione moderna di democrazia». E te pareva.

Così, bando agli armistizi e tutti in trincea. Non è un caso che ieri Repubblica, a fianco delle prime linee dell’antiberlusconismo d’assalto, abbia caricato il moschetto del cecchino Rosy Bindi. La quale ha tirato sul nemico: «Nessuno può chiederci di rompere con Di Pietro»; sparacchiato sui compagni tentati dalla concertazione: «D’Alema sia prudente e non usi la parola inciucio»; ringraziato il guru dei republicones: «Scalfari ha colto nel segno quando ha detto che le dichiarazioni di Verdini sono preoccupanti». Salvate i soldati Travaglio e Di Pietro è l’ordine del generale Mauro. Loro sì che, quando sparano, non lo fanno mai a salve. Loro sì che hanno la schiena diritta e non si piegano alla concordia. Loro sì che quando mettono Silvio nel mirino fanno male. Loro sì che hanno gli attributi per dire come stanno le cose. «Di fronte a ciò che dicono Travaglio e Di Pietro - si chiedeva Berselli nell’editoriale di ieri - si tratterebbe solo di capire se è vero o falso. Possono essere smentiti o no?». Ma difficilmente la risposta potrà convincere chi scriveva del Cav e dei suoi elettori: «Siamo davanti all’unione mistica fra la mediocrità governativa e la violenza antistituzionale. Ma allora, se vi piace, que viva Silvio Peròn Berlusconi».

Il Cavaliere resterà sempre nero, perfido. Quindi «no» al profumo d’intesa che puzza, «no» al disarmo che imbroglia e, insomma, all’armi son fascisti. Rode, all’opinionista debenedettiano, che il consenso del capo del governo sia cresciuto dopo che un souvenir della Madonnina gli ha slabbrato la faccia: ma questa è «la prova del successo propagandistico ottenuto dalla campagna del Pdl». Canaglia d’un centrodestra a sposare la tesi secondo cui la sinistra ha creato un clima d’odio attorno a Berlusconi. Ma quando mai? «A parlare di minorenni è stata Veronica Lario; di escort un’inchiesta giudiziaria barese; di corruzione di testimoni una sentenza; di mafia un pentito». Ma quando mai - verrebbe da chiedersi - la sinistra e il gruppo Repubblica-L’Espresso hanno soffiato sul fuoco delle soffiate (poi smentite) di Spatuzza? Ma quando mai hanno rovistato tra le lenzuola di Palazzo Grazioli? Ma quando mai hanno scartabellato gli scatti rubati a Villa Certosa? Ma quando mai si sono imbucati alle feste di Casoria?

La logica è la stessa del motto «non sono io il razzista, è lui che è un negro». Tradotto: non siamo noi a fomentare l’odio è Berlusconi che è Berlusconi cioè pedofilo, puttaniere, gaffeur, mafioso, corruttore, stragista, monarca e dittatore. Un «dittatore» che da Arcore, riporta Repubblica, «sfoggia formule di tolleranza volterriana quando dice "è giusto il nostro modo di considerare gli avversari come persone che la pensano in modo diverso da noi, ma che hanno il diritto di dire tutto ciò che pensano, che noi dobbiamo difenderli per far sì che lo possano dire e che non sono nemici da combattere in ogni modo ma sono persone da rispettare. Lo facciamo noi con gli altri e ci piacerebbe lo facessero gli altri nei nostri confronti"». Chapeau? Neanche per idea: «Queste sono parole. Dietro di sono le idee». E le idee sono brutte, turpi, disoneste, volgari, «da spot» come recita il titolo dell’articolo.

Le riforme che vuole Berlusconi sono «concesse dall’alto, come le Costituzioni nell’Ottocento»; la società che immagina Berlusconi è «una società d’ordini come nell’ancien régime»; il federalismo targato Berlusconi «è retorica epocale»; le leggi che fa Berlusconi «sono leggi ad personam del premier sovrano». Berlusconi è un dittatore e la dittatura non si riforma, si abbatte. Il Pd non osi a cambiare strategia: col Cavaliere non si parla, del Cavaliere si sparla.

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