Cronache

La rivincita del bistrot: stuzzica il palato e l'ambiente è informale

Meno costosi richiamano anche chef stellati: a Roma c'è Niko Romito, a Milano il Pisacco di Andrea Berton

La rivincita del bistrot: stuzzica il palato e l'ambiente è informale

Il futuro dei grandi cuochi è nel bistrot? Forse anche il presente. L'Italia si sta adeguando con le sue tempistiche e abitudini, talvolta uniche - a una tendenza che oltralpe come nei paesi anglossassoni è normalità da decenni.

I miti francesi, presi a riferimento per l'alta cucina quali Ducasse e Robuchon, hanno sempre fatto quattrini con le (apparenti) seconde linee. Gordon Ramsay è andato oltre, mettendoli persino negli aeroporti e nell'impero di Joe Bastianich, il concetto di locale informale di alta qualità c'è sempre stato. Concetto facile a dirsi e meno a farsi, soprattutto in un Paese come il nostro dove osterie, trattorie, enoteche con cucina sono parte integrante della nostra storia, compresa quella sociale. Il bistrot invece vola alto, non a caso i migliori sono curati da cuochi stellati, capaci di declinare la loro arte non per una Serie B della cucina ma per una versione più facile, comunque elegante ma meno costosa della Serie A, visto che il conto viaggia sui 40-50 euro massimo per due piatti e un paio di calici.

Uno dei primi è stato Claudio Sadler che nel 2007 lanciò Chic'n Quick che condivide la cucina con il due stelle Michelin sul Naviglio e continua a macinare coperti. Simile per impostazione è il Calandrino degli Alajmo a Rubano (PD), a fianco del tre stelle. Altri grandi chef hanno puntato su posti separati dove però dettano la linea: vedi gli Spazio di Niko Romito a Milano e Roma o ancora il Pisacco di Andrea Berton, sempre sotto la Madonnina: bistrot validi, con una forte identità e un pubblico esperto. A conferma che non si tratta di moda, Milano che come sempre detta la linea - ha «costretto» il Mandarin Oriental di via Andegari a un cambio in corsa: ora a fianco del Seta (per le guide il miglior ristorante in città) e dell'affollato bar, c'è il bistrot con una nuova veste e un menu dedicato, essenziale, e firmato da Antonio Guida: tanto per capirsi si gustano Ravioli al caprino, salsa di limone e menta o Coscia di pollo con quinoa al pomodoro e verdure. «In realtà, avevamo già in mente di variare sul tema spiega Alberto Tasinato, restaurant-manager dell'hotel ma la richiesta del pubblico ci ha convinto che l'idea era buona. In Italia, sulla falsariga di quanto avviene da tempo all'estero, si ha sempre più voglia di un'esperienza piacevole, leggera anche se si può spendere tanto per una cena.

Ma non bisogna considerare bistrot come osterie di lusso: è un modello diverso per ambiente, ricette e servizio. Le trattorie devono restare tali e sono fondamentali per la nostra cucina, come lo saranno i nuovi concept». L'arrivo in forza dei neo-bistrot magari per qualcuno sin troppo chic potrebbe comunque portare a format ancora più asciutti, ma sempre di classe.

Non è un caso che Peck abbia aperto da poco il Piccolo Peck, caffè gastronomico all'interno del mitico negozio di via Spadari 9, a pochi metri dal Duomo: il secondo aggettivo significa la disponibilità di salumi e formaggi di alta qualità, piatti di carne e pesce semplici ma precisi, insalate e sfizi vari.

Il brand ha oltre 130 anni di esperienza nel wine & food: difficile che sbagli qualcosa, quindi l'iniziativa è da tenere d'occhio.

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