Cronaca locale

A 89 anni, vive da 4 in un box. Per lei non c'è una casa popolare

Alla veneranda età di 89 anni, Giovanna, si è ritrovata a vivere in un box sotterraneo assieme al figlio Livio. Il loro è un caso particolarmente grave, eppure agli occhi delle istituzioni sono due invisibili.

A 89 anni, vive da 4 in un box. Per lei non c'è una casa popolare

Il garage interrato è avvolto dalla penombra. Livio lo attraversa a passo svelto, ormai lo conosce a fondo. Con un gesto sicuro aziona la saracinesca del box. La serranda si alza piano, centimetro dopo centimetro. Ed ecco comparire Giovanna. In piedi, con addosso un giaccone pesante e lo sguardo di chi chiede disperatamente aiuto. Giovanna e Livio, di 89 e 64 anni, sono mamma e figlio. Vivono ad Ostia da sempre e quella in cui ci accolgono è la loro "casa". Un box auto minuscolo. Senza finestre, riscaldamenti né servizi igienici.

Un'odissea iniziata circa quattro anni fa. "Quando ho perso il lavoro - ricorda Livio - non potevamo più pagare l'affitto e così ci siamo trasferiti in questo box, doveva essere una soluzione temporanea ma purtroppo siamo ancora qui". Per Giovanna non è stato facile. "Prima avevo una bella casa, piena di mobili e con una cucina vera", dice tra i sospiri. I due si tengono a galla grazie alla sua pensione d'invalidità e alla reversibilità del marito, poco più di 7mila euro l'anno. Bastano appena per provvedere allo stretto necessario e pagare l'affitto di questo posto auto. E nonostante Livio si affanni alla ricerca di un lavoro, sinora ha trovato solo porte chiuse. "Riesco a mettere insieme poche decine di euro al mese", ci confessa. Sopravvivere in condizioni del genere è una sfida quotidiana. Il freddo è insopportabile. Giovanna si guarda le mani segnate da chiazze rossastre e piccole ferite. "Mi sono venuti i geloni da quando viviamo qui, prima non li avevo", racconta mentre siede davanti ad una stufetta elettrica. Unica fonte di calore del box. "La temperatura media oscilla tra i dodici e i quattordici gradi, ma nei periodi più freddi arriva anche a sette", spiega Livio.

Ogni cosa, anche la più banale, per loro è diventata un lusso. "Tutte le mattine mi alzo presto e vado alla toilette del mercato - ci rivela l'anziana - mi lavo il viso, i denti e faccio i miei bisogni". "Per il resto - aggiunge Livio - ci laviamo in casa, prendiamo l'acqua dal rubinetto condominiale con delle taniche e la scaldiamo sui fornelli elettrici". Entrambi ricordano con nostalgia il giorno della loro ultima doccia. "È stata più di due mesi fa, grazie all'ospitalità di un'amica", spiega il sessantaquattrenne. Nonostante le condizioni di estremo disagio, Giovanna e Livio non hanno un capello fuori posto né troverete un granello di polvere sul loro pavimento. Il box che racchiude le suppellettili accumulate nel corso delle loro vite sembra un museo. È tutto in perfetto ordine. È il loro modo per non lasciarsi andare. "Giovanna è la regina della cucina - scherza Livio - e come tutte le mamme non mi fa neppure avvicinare ai fornelli, io faccio la spesa e la aiuto nelle pulizie". Tra i compiti del figlio c'è anche quello di scoraggiare gli ospiti sgraditi: scarafaggi, mille piedi e zanzare. "Usiamo dei repellenti - spiega - ma non sempre funzionano".

Il caso di questa famiglia è ben noto alle istituzioni, nessuno però ha ancora mosso un dito. Gli unici che si sono mobilitati per aiutare mamma e figlio sono i volontari dell'associazione Decimo Solidale. "A luglio 2018 li abbiamo aiutati a presentare domanda per un alloggio popolare e hanno ottenuto il massimo punteggio ma la graduatoria non scorre", denuncia Biagio Caputo, presidente dell'associazione. La miriade di solleciti inoltrati nei mesi successivi è rimasta lettera morta. "Si riempiono la bocca con la filastrocca della lotta alla povertà - prosegue Caputo puntando il dito contro Comune e X Municipio - e poi guarda come costringono a vivere le persone". "Io - ci dice Giuseppina con la voce rotta dalla commozione - chiedo solo un lavoro per mio figlio e una casa, perché così non si può più andare avanti". La vera preoccupazione non è per sè, ma per il futuro di Livio.

"Quando non ci sarò più, cosa ne sarà di lui?", si domanda lasciandosi andare ad un pianto sconsolato.

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