Cronaca locale

Così il movimento per la casa sfratta chi non paga il pizzo

Le rivelazioni di due ex occupanti: "Tra estorsioni e minacce, i movimenti per la casa speculano sulla pelle dei disperati"

Così il movimento per la casa sfratta chi non paga il pizzo

Decine di fortini militarizzati, inaccessibili persino alle forze dell’ordine, in cui vivono almeno 11mila persone tra italiani e stranieri: è la galassia della occupazioni della Capitale. Realtà che sembrano avere le ore contate dopo che il ministero dell’Interno ha annunciato una massiccia campagna di sgomberi. Il piano prevede un’operazione ogni tre mesi a partire dalla primavera del 2020.

L’obiettivo è bonificare edifici fatiscenti, dove regnano degrado e illegalità. E dove spesso il prezzo da pagare per avere un tetto sopra la testa è la perdita della libertà. “C’è un comitato nominato dai vertici del movimento che spadroneggia e se non fai quello che dicono loro ti buttano fuori”, ci spiegano Giuseppe, 54 anni, e Antonio, di 41, che lo scorso 11 giugno si sono ritrovati in mezzo alla strada senza avere nemmeno il tempo di fare le valigie.

Per quattro anni hanno vissuto nella palazzina occupata di via Bruno Pelizzi 101, a Cinecittà, gestita dal Coordinamento cittadino lotta per la casa, ed ora che i “compagni” li hanno ripudiati sono costretti ad arrangiarsi come possono: Antonio è tornato dai genitori, mentre Giuseppe dorme in macchina. Sono loro a raccontarci del “clima di terrore” che si respira all’interno delle occupazioni dove “nessuno si ribella ai diktat dei collettivi per paura di perdere l’alloggio”.

Ogni inquilino deve pagare un affitto di 15 euro. Anche se il palazzo casca a pezzi quei soldi non vengono usati per la manutenzione. “Metà – ci dicono – vanno al movimento e metà ad un fantomatico avvocato che non abbiamo mai visto”. E se non puoi permetterti di saldare una rata sei fuori dal giro: business is business. Alla faccia della solidarietà.

La lista dei doveri prosegue con l’arruolamento obbligatorio a scioperi e manifestazioni. Non solo nella Capitale. Giuseppe, ad esempio, è stato costretto ad affiancare i No Tav nelle proteste in Val di Susa. “Mi hanno chiesto pure di anticipare 85 euro per le spese di viaggio ma – denuncia – non me li hanno mai restituiti”. Alla vigilia di appuntamenti del genere gli inquilini vengono istruiti a dovere ed aizzati contro le forze dell’ordine. “Ci dicevano di non mollare, di fare resistenza e anche di fare le cariche contro i poliziotti”, aggiunge Giuseppe che, negli ultimi anni, ha collezionato quattro denunce per manifestazione non autorizzata e diverse manganellate. “Ci sono anche i prepotenti, quelli che vogliono fare gli scontri con la polizia ma io non me la sono mai sentita”, gli fa eco Antonio.

Non si possono neppure saltare le assemblee del martedì. “Ho smesso di andare perché avevo i genitori malati”, prosegue il quarantunenne, finito per questa ragione nella black list del coordinamento. “C’è un giro di minacce, è un continuo, se non paghi, se non vai a manifestare, non hai più la tua vita, diventi uno schiavo”, rilancia Giuseppe. Ed è proprio quando i due si sono ribellati, denunciando le vessazioni subite, che sono cominciati i guai. “Hanno iniziato a provocarci ed a minacciarci, poi sono passati alle vie di fatto”. Così veniamo all’11 giugno. Il giorno della spedizione punitiva.

“Si sono presentati in dodici fuori dalla porta e l’hanno buttata giù a calci. Una peruviana mi ha anche messo le mani addosso”, ricorda Antonio, affetto da una patologia psichica e invalido all’80 per cento. Stessa sorte toccata pochi attimi dopo a Giuseppe che nell’alloggio aveva denaro contante, tv e anche i canarini. “Ho chiesto di poter portare via almeno loro ma me lo hanno negato, hanno sprangato porta e finestre, si sono presi tutto e li hanno lasciati morire di fame”, dice con amarezza. Non è delusione la sua, ma rabbia.

“Ho buttato soldi, sudore e tempo e questo è stato il ringraziamento – commenta – sono schifato, è una mafia, fa bene Salvini a sgomberare”.

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